Immaginavo che il presidente di Confindustria dovesse essere persona autorevole, ben informata, con i nervi saldi. Ho scoperto che così non è, che ci si può sedere su quella poltrona anche se in balia di paure, isterie, incertezze, anche se non si è a conoscenza di ciò che sta accadendo e ci si comporta da dilettanti allo sbaraglio. Così è successo che Emma Marcegaglia ha trascinato Confindustria nel ridicolo, è riuscita a trasformare la farsa in una tragedia nazionale per ben due volte nel giro di poche settimane. La prima quando, messa al corrente dal suo braccio destro di una possibile inchiesta del Giornale su di lei, non ha fatto l’unica cosa che avrebbe fatto un numero uno. Cioè telefonare a Vittorio Feltri e informarsi o, in alternativa, andare diritta alla Procura della Repubblica. Come una bambina impaurita ha invece scelto la via dei mediocri, quella di chiedere raccomandazione e protezione al potente di turno, nel caso Fedele Confalonieri, innescando una commedia degli equivoci e svelando quale sia il suo concetto di libero mercato e quindi di libera informazione. Non contenta, non ha saputo difendere l’onore della categoria che rappresenta neppure davanti ai pm che l’hanno convocata. Forse perché impaurita dal fatto che gli stessi stavano indagando anche sul suo portavoce, si è prestata a fare da spalla a una operazione di giustizia spettacolo politicizzata.
Venerdì il copione si è ripetuto. Appreso dalle agenzie che il Giornale avrebbe pubblicato quattro pagine di dossier su di lei, è andata nel panico. Anche qui sarebbe bastata una telefonata. Le avremmo detto che non c’era nessun nostro dossier, ma che avremmo semplicemente sbugiardato i giornali di sinistra che urlano al dossieraggio. Non lo ha fatto e si è lanciata al buio in un imbarazzante attacco contro di noi, coinvolgendo nella bufala l’ignaro comitato di presidenza di Confindustria (che ha firmato un preoccupato documento) e addirittura il presidente Napolitano che si è affrettato a esprimerle solidarietà. Per cosa? Per articoli scritti da Repubblica , dall 'Unità , dal Fatto e dall 'Espresso che noi ci siamo limitati a ripubblicare tali e quali.
Una figuraccia senza precedenti, che ha fatto ridere mezza Italia e preoccupare tutti per lo stato in cui si è ridotta la prima organizzazione imprenditoriale del Paese. Se gli interessi degli industriali vengono gestiti con lo stesso sistema non c’è certo da stare allegri. Siamo di fronte alla stessa doppiezza della magistratura, che da una parte invoca il rispetto delle regole e dell’autonomia, dall’altra delle regole, e delle leggi, se ne infischia.
I colleghi del Fatto non sono da meno della presidentessa. Mi accusano di volere che i magistrati entrino nella loro redazione a fare quello che hanno fatto nella nostra. È falso, ovviamente. Nei giorni scorsi ho fatto un paragone. Questo. Il presidente degli industriali teme una campagna stampa contro di lei da parte nostra e partono le perquisizioni; il presidente del Senato denuncia una aggressione mediatica da parte del Fatto e partono gli applausi della sinistra per una stampa libera e indipendente. A parte la differenza sostanziale, cioè che noi il dossier non lo abbiamo mai preparato né pensato mentre Il Fatto sforna articoli su Schifani praticamente ogni giorno, mi batterò con tutte le mie forze perché pm e carabinieri stiano lontani dalla sede del giornale di Travaglio e compagni.
Quello che sostengo è l'ipocrisia della doppia morale: all’informazione di centrodestra si vuole impedire di fare ciò che invece è permesso ad altri, come dimostra il nostro «dossier Marcegaglia». La quale ha scelto da che parte stare: allearsi con Travaglio contro il cattivo Feltri. Buon viaggio e auguri (a tutti gli industriali).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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