Se il «kamikaze» napoletano assomiglia a un clown triste

È un pietoso microcosmo di disperazione quello che Arcangelo Iannace (autore e interprete) tratteggia in Kamikaze napoletano, monologo semiserio ondeggiante tra realismo e paradosso (lo dirige Francesco Frangipane) dove si racconta il proposito omicida (e autolesionista) di Rosario, un povero disgraziato della Terra spinto dall’esistenza a disegni in odore di sfide «talebane». Ma Rosario, prima di tutto, è una creatura partenopea e di Napoli, questo suo ultimo (ultimo?) sfogo mattutino porta incisi i segni più riconoscibili. Segni grotteschi, agrodolci. Ma anche segni poetici, quasi eduardiani (basti vedere la scena del caffè che echeggia il balconcino di Questi fantasmi!), dove si riflette il disagio di tanti italiani di oggi, costretti dalle difficoltà economiche a prendere decisioni estreme. Rosario «sembra» convinto di voler far saltare in aria addirittura il Vaticano: un suicidio/attentato di alto valore simbolico e fortemente «teatrale», visto che nel racconto questo desiderio diventa un evento incerto e rimandabile. Come se in fondo l’amore per la vita prevalesse e si ritagliasse un margine di «resistenza». Motivo per cui il testo abbonda di ripetizioni e frasi ricorrenti che nel complesso non giovano al ritmo dello spettacolo, impreziosito però dalla bella interpretazione dell’attore (nel cast anche di fiction Tv molto popolari come, tra le altre, Incantesimo, Distretto di polizia). E se alla fine non succederà nulla, poco importa: quel che davvero conta è parlare.

Cosicché, mentre il rito della vestizione scandisce le ore che separano questo clown moderno dalla furia della sua beffa, ci si sente solidali: propensi a dare credibilità a una storia amarissima che certamente Eduardo avrebbe amato molto.
Al teatro Argot fino a domenica 11. Info: 06/5898111.

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