Se il ministro pensa soltanto agli immigrati

Riccardi vuole regalare altri sei mesi di permesso di soggiorno ai senza lavoro. E gli italiani? Si mettano in fila

Se il ministro pensa  soltanto agli immigrati

Che il «tecnico» Andrea Riccardi dimostri di avere idee molto precise e ben orientate sul suo nuovo ruolo di ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione non desta meraviglia. Ha già fatto capire in tutti i modi che considera questa sua inattesa (ma forse sognata) condizione una provvidenziale rampa di lancio verso i cieli della politica «vera», magari alla testa di quel partito o movimento dei cattolici che in molti, forse troppi auspicano, anche se ciascuno a modo suo. E magari, stando a più recenti illazioni, come sindaco di Roma. Non dobbiamo perciò meravigliarci se compie passi molto poco «tecnici» e, anzi, politicamente temerari, se non pericolosi.

Ad esempio ora sappiamo che, secondo lui, «per gli immigrati occorre prolungare il periodo per la ricerca di una nuova occupazione ad almeno (proprio così, “almeno”) un anno». È evidente, invece, che questo semplicemente significherebbe che per mesi si aggirerebbero nelle nostre città centinaia di migliaia di immigrati (almeno 600mila secondo calcoli della Caritas che lo stesso Riccardi ha riferito alla commissione Affari costituzionali della Camera) in cerca di lavoro, e quindi, presumibilmente, senza mezzi di sostentamento e probabilmente anche senza un alloggio adeguato. Che questa situazione possa creare qualche problema, anche in termini di sicurezza, e magari anche incoraggiare nuova immigrazione, al «tecnico» Riccardi non sembra interessare. Come pure il ministro non tiene conto della nota attitudine tutta italiana di considerare le proroghe come le ciliegie, una tira l’altra, fino al famoso «tempo indeterminato» e quindi che quel «almeno un anno», può diventare chissà quanto. No, a lui interessa solo «l’integrazione», secondo l’innovativa denominazione del suo dicastero, costi quello costi. Ma proprio da tecnico dovrebbe anche sapere che, appena pochi giorni fa, l’Istat ha spiegato che, a causa della crescente disoccupazione, gli italiani siamo tornati a cercare e a fare «quei lavori che gli italiani non vogliono fare» come veniva ripetuto in maniera ossessiva e secondo la vulgata politicamente corretta, per convincerci che l’immigrazione massiccia, anche se clandestina e incontrollata, in fondo era un fenomeno positivo. Anzi utile all’economia del Paese. Quindi ora, per quei lavori che noi non volevamo fare, gli immigrati dovranno fare i conti con la concorrenza degli italiani. Insomma, ci sono meno opportunità di lavoro proprio per quella povera gente ai quali prolunghiamo il permesso di soggiorno, consentendo così loro di restare qui qualche mese in più a vagare nelle nostre strade per cercare inutilmente qualcosa da fare. Gente che non farà altro, in realtà, che aumentare il numero dei disgraziati in cerca di una occupazione qualsiasi. Fino a quando, stanchi di cercarne una onesta, per sopravvivere si rassegneranno ad accettarne una meno onesta. Insomma, mentre l’offerta di posti lavoro diminuisce noi lasciamo crescere quella mano d’opera, consentendo agli immigrati di fermarsi qui da disoccupati più di quanto non fosse loro consentiti quando di lavoro ce n’era di più. Francamente sembra un’assurdità ispirata solo ad un pregiudizio di tipo ideologico. Altro che «tecnico»!

Probabilmente è inutile ricordare a Riccardi che il suo governo, il governo Monti, è nato in una situazione eccezionale e con una procedura democraticamente discutibile che non tiene conto del voto degli elettori, ma soprattutto con un

mandato limitato e preciso, che certo non comprende lo stravolgimento della politica dell’immigrazione, quella messa a punto dalla maggioranza che i cittadini hanno votato e che, comunque, sostiene anche l’attuale governo.

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