Se la politica smette di decidere

È l’ora del rimpasto, dunque, a Milano. Una risistemazione della giunta di Palazzo Marino urgente dopo l’uscita - licenziamento o dimissioni, poco importa - di Tiziana Maiolo seguita a quella di Vittorio Sgarbi. Non si può lasciare troppo a lungo vacanti due assessorati, alla Cultura e al Commercio e Moda, importantissimi per una città come la nostra. Oltre a quello al Bilancio, che il sindaco ha tenuto per sé. C’è il rischio, consueto in questi casi, che gli appetiti scatenati da questa opportunità scateni competizioni e conflitti: fra le diverse componenti della maggioranza, tra consiglieri desiderosi di fare gli assessori e i «notabili» designati dai partiti, fra il sindaco che, legittimamente vuol scegliere la sua squadra, e i dirigenti dei partiti. Mosse e contromosse, richieste, proposte e pressioni: col risultato di ritardare le decisioni, per poi finire tutti ad Arcore un lunedì mattina. E invece i ritardi non sono più tollerabili. Ma non solo per quanto riguarda la Cultura e il Commercio. Abbiamo già perso troppi mesi per definire la struttura decisionale dell’Expo. Ma ormai la città ha la sensazione che la si tiri troppo per le lunghe anche nell’ordinaria amministrazione. Non c’è solo l'Expo, si sente ripetere: troppi cantieri fermi, troppi lavori decisi e mai iniziati (è per questo che si parla di una sostituzione dell’assessore Simini?) una manutenzione che sembra procedere al rallentatore. Si dialoga molto con comitati e categorie, si aprono i cosiddetti «tavoli» ma poi si decide poco. Questa almeno è l’impressione.

Ma forse non è solo questione di assessori, forse un rimpasto lo meriterebbe anche la pletorica, capziosa e indolente macchina burocratica di Palazzo Marino, che alle decisioni della giunta, quando ci sono, deve dare seguito. E spesso non lo fa.

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