Se pure la Lega vuole tagliare ma solo a parole

Una volta superato il Po, salendo da Roma, la semantica cambia leggermente. Quel che giù era «spreco», su al Nord è «cura del territorio». Il pragmatismo leghista è anche questo. Gli schei (alla veneta), i franc o ghei (alla bergamasca), i sòld (alla piemontese) non sono gli stessi di Roma ladrona, le cinghie si possono anche lasciare molli, dipende da cosa se ne fa, e soprattutto da chi li usa. Per questo il volto truce del tagliatore di spese è piuttosto una maschera infrasettimanale per i leghisti in trasferta nei Palazzi del potere romano.
Invece, quando c’è da spendere per la buona politica (pardon, investire sul territorio), il Carroccio marcia compatto. Vedere alla voce Province, un cavallo di battaglia della Lega, e dare un’occhiata alle proposte di istituzione di nuovi enti provinciali depositate in Parlamento, spesso proprio dai leghisti. Mentre il Pdl punta all’abolizione di quegli enti cosiddetti inutili (taglio che, si calcola, farebbe risparmiare 10 miliardi l’anno), la Lega spinge sul pedale opposto, chiedendo ad esempio la creazione della Provincia della Valcamonica. Così il Carroccio ripaga la militanza territoriale delle sue sezioni.
E che il partito tenga ben da conto i bistrattati enti provinciali si vede anche da altre mosse. La nuova sede della Provincia di Treviso, ultimata l’anno scorso, è quel che si dice un’opera «faraonica». Una «reggia» l’ha invece definita La Tribuna, quotidiano locale, descrivendo il progetto iniziato dall’ex presidente della Provincia Luca Zaia, una superstruttura circondata da 70 ettari di parco e munita anche di un asilo per i figli dei dipendenti, aggraziato - annotava il giornale trevigiano - da «due serie di bagnetti arcobaleno, sgabuzzini a raffica, spazi giochi, bagnetto-fasciatoio, zona riposino». Il tutto per una ottantina di milioni di euro, comprensivi dei 531.426 euro per le sedie e dei circa 13mila euro per il tavolo di cristallo assegnato alle riunioni del consiglio.
Per rimanere in Veneto, in casa Lega è scoppiata una piccola grana anche negli ultimi giorni, per via di un’auto blu di troppo (anche se prevista dalle norme), quella per il portavoce di Zaia, presidente della Regione. Proprio mentre il governatore estraeva l’accetta per segare il 5% degli stipendi degli eletti in Veneto. La cosa ha creato qualche imbarazzo, ma sarà presto risolta, come ha promesso il capo della Lega veneta, Gian Paolo Gobbo: «Se una persona che lavora per Zaia ha bisogno di essere accompagnata per il lavoro che fa, va bene, ma noi siamo contro l’uso delle auto blu. Io ce l’ho grigia l’auto. E ho l’autista e anche la guardia del corpo: si chiamano tutti Gobbo, ah ah ah».
A Roma ci si può stare un ventennio senza mai cenare con un romano (Calderoli ci è riuscito), ma quando si torna a casa bisogna mettersi di buzzo buono. E promettere opere, anche se un po’ costose. Davide Caparini, attivissimo deputato bresciano della Lega, si è speso per un finanziamento ministeriale da un milione di euro per il Museo Nazionale della Preistoria camuna, a Capo di Ponte. Così fanno anche gli altri parlamentari in cravatta verde, rispettivamente per i propri collegi e territori. Ed è risaputa la ritrosia leghista a sbarazzarsi delle Comunità montane, altro capitolo amaro della lotta ai pubblici sprechi, dove il Carroccio è diviso tra un’interpretazione severa (alla Calderoli) e una più tenue, che vorrebbe ridurle ma non cancellarle, oppure tagliar via solo le famose comunità montane affacciate sul mare.
Anche quando si tratta di stipendi i leghisti ragionano con grande pragmatismo. In Senato, all’inizio del 2006, si discusse di ridurre del 10 per cento non solo lo stipendio ma anche il vitalizio e la liquidazione dei futuri ex senatori. Niente, il rappresentante della Lega nel consiglio di presidenza di Palazzo Madama bocciò quella proposta come una «forzatura eccessiva, un’interpretazione troppo estensiva della Finanziaria. Lì c’è scritto taglio dell’indennità mensile. Punto, altro che pensioni e vitalizi». Anche nei governi locali non si scherza sugli schei, e il populismo del politico low cost lo si lascia ad altri. Nel giugno 2009 – ha scoperto il Gazzettino -, un mese dopo le elezioni, la nuova giunta leghista di Asolo fece una delibera con cui aumentava lo stipendio di sindaco e assessori, con un trattamento molto speciale per la «sindaca»: da 1.394 a 2.928,31 euro al mese, quasi il doppio. Ritocchino anche per la bionda leghista Francesca Zaccariotto appena eletta presidente della Provincia di Venezia: 816 euro al mese in più del predecessore. «Ho applicato la Finanziaria», si difende lei.
Segno comunque che anche nel partito celodurista restano rari i casi come quello di Gianantonio Da Re, già consigliere leghista in Regione Veneto, titolare di un autolavaggio a San Vendemiamo, località Ai Gai, «da non confondere con gay».

Quando scattò automaticamente l’aumento di 5mila euro all’anno per i consiglieri (che hanno l’indennità collegata a quella dei magistrati e dei parlamentari), lui lo rifiutò preventivamente, unico tra i colleghi: «Un atto eroico» ammise. Aggiungendo però: «Ma coi tempi che corrono... vuol dire atto da mona».

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