La sfida dell'Italia: sfornare pasta in 3D

Per contrastare la concorrenza Usa si punta tutto sull'innovazione

Preparare un impasto di semola di grano duro, unire acqua e sale, riempire le «cartucce» di una stampante 3D, premere un bottone, attendere due minuti e oplà, la pasta è pronta. Non è fantacucina: Barilla da quattro anni sta sperimentando la produzione con una stampante 3D. Il procedimento fatto di trafilatura, essiccazione e raffreddamento va in pensione; un prototipo messo a punto con il centro di ricerca olandese Tno, «stampa» pasta fresca in formati impossibili da ottenere con le tecniche tradizionali. L'azienda di Parma ha bandito un concorso per premiare i tre migliori design. In futuro si potranno unire ingredienti come verdure, legumi o altre farine.

L'Italia è il Paese della dieta mediterranea, di pizza e pasta; ha appena chiuso un'Expo dedicata a nutrire il pianeta e rifornisce le dispense di 1,2 miliardi di consumatori in tutto il mondo che ogni anno comprano un cibo o una bevanda «made in Italy». Se il Frankenstein Food non ha ancora varcato le Alpi, non significa che nel settore non esista innovazione. Secondo Federalimentare le industrie del settore investono l'8 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e il 4 per cento in automazione e nuovi impianti. Oggi un quarto della produzione agroalimentare è costituito da cibi in cui l'innovazione è essenziale (come gli alimenti ad alto contenuto salutistico). Per Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare, «l'industria alimentare italiana è una perfetta sintesi tra sapienza antica, tradizione, legame con il territorio da una parte, e innovazione costante, tecnologia avanzata e ricerca».

Le stampanti 3D potrebbero essere il microonde dei prossimi anni: strato dopo strato vengono sfornate pietanze fresche a basso costo destinate a soppiantare conservanti e surgelati, illusioni ottiche in cui si scelgono ingredienti, forme, sapori per accontentare gusto e vista. Ma non sono l'unica frontiera dell'innovazione alimentare italiana. Eridania ha sviluppato un nuovo «light sugar» di canna da zucchero e foglie di stevia con potere dolcificante pari allo zucchero tradizionale ma metà delle calorie. Inalca (gruppo Cremonini), prima azienda privata europea nella lavorazione di carni bovine, utilizza sistemi a raggi X nei controlli produttivi degli hamburger.

Imprese aderenti a Federalimentare stanno contribuendo al progetto europeo Nu-Age che elabora prototipi alimentari a misura di anziano. Salumi e insaccati con pochi grassi e poco sodio, olio ad alto contenuto di polifenoli, maionese povera di grassi e ricca di Omega 3, latte probiotico. Nell'ambito del Cluster Agrifood nazionale sono stati sviluppati nuovi lieviti, prodotti da forno con pochi grassi, metodi agli ultrasuoni per l'estrazione dell'olio dalle olive.

Senza ricorrere al FrankenFood, molte aziende alimentari italiane sono proiettate nel futuro. «Siamo impegnati a rendere i nostri prodotti e la nostra qualità - dice Scordamaglia - sempre più coerenti con le nuove esigenze nutrizionali e di sostenibilità».

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