Si sono inventati persino lo sciopero-ponte

Una volta il ponte era solo quello che univa le due sponde del fiume. Poi hanno inventato il ponte delle feste: ti capita che il primo maggio caschi di martedì? Al lunedì tutti a casa. Roba che a Brunetta gli viene il mal di pancia appena lo sente. Ma siccome il genio italico esiste e in qualcosa deve pure esprimersi, da quest’anno si segnala una importante novità: il ponte con lo sciopero. Funziona così: giovedì tutti a casa da scuola per i cortei anti-Gelmini, sabato festa del primo novembre. E il 31 ottobre? Vorrete mica andare in classe? Studiare? Fare lezione? Macché: ponte. Vacanza. Tutti a prepararsi per la notte di Halloween: mostrate pure le vostre zucche. E pazienza se resteranno vuote.
L’innovazione pontiera non coinvolge tutte le scuole d’Italia, s’intende. Ma l’importante è cominciare. E l’istituzionalizzazione del ponte comandato, la sacra unione tra la lotta dura e la vacanza pura, la benedizione della doppia bigiata di piazza e di governo, in fondo rappresenta come meglio non potrebbe la natura di un movimento che nasce vecchio, di una ribellione octroyé, di una finta rivoluzione autorizzata, anzi imposta dall’alto.
I giovani che occupano e protestano sono sinceri. I giovani sono sempre sinceri. Ma non s’accorgono che stanno prestando la loro sincerità agli interessi degli adulti che tutto hanno a cuore, tranne un’istruzione che funzioni come si deve. E lo dimostra il fatto che mentre per le generazioni precedenti ribellarsi significava uscire dagli schemi e infrangere le regole, oggi ribellarsi significa seguire regole già scritte, rispettare gli schemi, osservare riti canonici e messali compilati da altri. Non c’è fantasia nei loro slogan, non c’è creatività nel loro movimento. C’è solo la ripetizione di un cliché che li illude di fare un passo verso il futuro. E che invece li respinge nel mesozoico antico.
L’altro giorno ero con una ex ragazza degli anni Settanta. All’improvviso suona il suo telefonino. È la figlia che chiede di poter occupare la scuola. Lei le fa le raccomandazioni, le dà due istruzioni, consigli per l’uso. Poi chiude e scuote la testa: «Figurarsi se ai miei tempi occupavo con il permesso di mammà...». Un professore mi racconta di due genitori che pochi giorni fa sono andati a chiedergli: «Scusi, ma quest’anno quando è programmata l’occupazione? Sa, dovremmo organizzarci per i weekend...».
È la ribellione con il timbro del preside, anzi del dirigente scolastico, come si dice ora. La rivoluzione con giustificazione sul libretto. L’insurrezione autorizzata dal consiglio docenti. Questa settimana ci sarà sciopero. Sarà sicuramente un successo. L’hanno fissato di giovedì, perché non è mai bello che uno sciopero caschi di venerdì. Sembrerebbe una furbata.

Poi però in molte scuole che hanno fatto? Zac, ecco lì: venerdì 31 ottobre tutti a casa per il ponte. Ponte de che? Il primo ponte che unisce un giorno rosso sul calendario e un giorno rosso nella piazza. In fondo, che differenza c’è? La festa è comandata, lo sciopero ancor di più.

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