Sigfrido Bartolini: il pensatore. Quando l'arte incontra la tradizione

Sigfrido Bartolini: il pensatore. Quando l'arte incontra la tradizione

Nella splendida cornice delle antiche mura di Pistoia, nell'auditorium della ViBanca di Pontelungo, si è tenuto il convegno "Sigfrido Bartolini: il pensatore. Quando l'arte incontra la tradizione", ideato da "Sur le Murs", un gruppo di studenti universitari che hanno suputo coltivare un'associazione culturale di successo di cui è presidente Lorenzo Galligani. Tra i sostenitori il consigliere comunale Alessandro Tomasi e la moglie Stella Baldi, Niccolò Mochi, Simone Magnanelli, Nicolò Bindi, Alessandro Marracini, Francesco Zinone e Nicola Andreini. Lo stesso Galligani ha introdotto l'incontro, che ha visto fra i suoi relatori la professoressa Simonetta Bartolini (figlia dello stesso Bartolini e che con sua madre, Pina Bartolini, è impegnata a far rivivere la memoria dell'artista scomparso anche grazie alla creazione di una Casa-Museo che proprio a Pistoiaa porta il suo nome), il professor Francesco Gaiffi, docente di Lettere e Filosofia e Stenio Solinas, scrittore e inviato de Il Giornale.

Sullo schermo, alle spalle dei relatori, scorrevano immagini di Bartolini, fotografie, quadri, incisioni, "monotipi", sculture, disegni e illustrazioni come quelle per il "Pinocchio" di Collodi che hanno ravvivato la memoria degli ascoltatori in platea.

Dipinti, incisioni, corrispondenza, documenti, fotografie, testi letterari, riviste culturali, poesie, articoli di giornale e critica letteraria sono stati i temi attorno ai quali si sono svolti gli interventi dei singoli relatori ,con lo scopo di dare continuità al passato e fare entrare nel presente anche chi non conoscesse l'opera di Bartolini nella sua complessità, perchè la cultura vive solo coniugando le esperienze del prima, dell'ora e del dopo.

Provocatore, uomo di grande integrità morale, Bartolini non ha mai smesso di dire la sua da quotidiani e periodici nei quali cercava non solo un mezzo per comunicare, ma anche una comunanza di idee con chi li dirigeva E/o ci lavorava. Una necessità vitale questa, per hi concepiva il suo lavoro di artista a 360 gradi; l'arte per Bartolini era un qualcosa che elevava l'essere umano, e che doveva fare da filo rosso di una missione i cui confini potevano essere infiniti quanto la capacità della mente umana e del cuore degli individui..

Bartolini aveva modi garbati e raffinati, non era mai ruvido o sgarbato, semmai ignorava gli ignoranti e i presuntuosi, e si limitava a imprecare contro quei giornalisti o critici che non capivano nulla di arte o che scrivevano su tutto, i famosi "tuttologi" che oggi più che mai invadono con la loro superficialità le redazionii. Ma Bartolini aveva anche la capacità maeutica di tirare fuori il buono un po' da tutti e di vedere qualità negli altri senza che gli altri ne fossero consapevoli. Gli piaceva raccontare ai giovani che lo andavano a trovare come i paesaggi da lui dipinti fossero ancora reali nonostante la cementificazione avanzava, e i silenzi delle mura delle case e dei viali da lui descritti erano lo specchio della sua visione interiore delle cose. Lì c'erano tutte le sue radici, un mondo di memoria che colmava il suo spirito.

La figlia Simonetta ha parlato con l'imbarazzo e l'emozione di chi ha avuto il proprio padre come guida e grazie al quale ha potuto far propri quegli insegnamenti di coerenza e di sapienza. Per quanto riguarda la sua figura culturale ha voluto raccontare quanto per suo padre fosse importante il suo lavoro. Lui che era nato da famiglia modesta e che aveva lavorato sodo fino da giovane, facendo di notte i suoi "monotipi", una tecnica che non necessitava della luce del giorno, lui che era curioso e attento per tutto ciò che riguardava la sua terra, la Toscana. E' questa ricerca delle radici a portarlo a un grande maestro come Ardengo Soffici, che oltre ad aiutarlo a perfezionarsi nella sua arte gli trasmetterà l'amore per il "genius loci", ovvero l'idea di una tradizione legata al paesaggio, al costume, alla storia. Fu Soffici ad introdurlo nella cerchia di intellettuali come Barna Occhi, Mino Maccari, Primo Conti, Orfeo Tamburi, Giuseppe Prezzolini, ma Bartolini non pr questo si distaccò da artisti locali come Pietro Bugiani o Stanghellini. Curioso dell'arte in tutte le sue dimensioni, Bartolini seppe trovare la sua strada anche come Maestro vetraio: Pochi anni prima di morire gli vennero commissionate le vetrare per la Chiesa dell'Immacolata della sua Pistoia; aveva 74 anni e la sua spiritualità fortemente laica divenne fonte di curiosità di quello che si chiama comunemente "il mistero della fede".

Il professor Gaiffi ha parlato di Bartolini come un artista poliedrico, totale. Quando fondò la rivista "Totalità" lo fece proprio nel nome di quel concetto leonardesco, l'idea che all'artista nulla potesse essere estraneo. La sua idea di vivere scegliendo il "peso della cultura", ma rimanendo sempre ancorato al suo "bosco" con assoluta dedizione ricorda quella visione del "passaggio al bosco" tanto cara a Ernest J"unger, ovvero il senso della natura e la terra come luogo di avventura, un modo per ritrovare se stessi "misurando ciò che è immutabile nella mutevolezza", un distacco necessario per potere parlare di purezza, di nichilismo, dell'arte, di amare e persino di religione. Con J"unger si scrivono, si conoscono e in alcune delle pagine Bartolini scopre il suo ritratto: la fine di un mondo, il trascinarsi nel tempo e la resistenza di fermare un'avventura umana, la necessità di pensare in profondità attraverso i linguaggi, come già aveva compreso Heidegger.

La ricerca della saggezza ha portato il pensatore Bartolini alla trascendenza: "la natura non si concede agli sciocchi....". Ama e sogna al tempo stesso, cerca la vita ma si sente anche al di fuori di essa. Trasfigurare la natura aveva per lui un significato di atemporalità; il saggio e il pazzo comprendono entrambi l'importanza di ciò che sfugge. La sua militanza intellettuale non era mai politica, ma sociale e culturale; "Bartolini era spietato con se stesso...disprezzava la mediocrità, le mode, i falsari dell'arte e quando pensava a Spinoza pensava a tutte le civiltà e al loro crollo ma anche a un nuovo inizio. "Si sentiva avvolto da reti, i binari, i fili della luce, le scie che gli aerei lasciavano nel cieli, la rete per definizione che èinternet, una modernità che gli faceva paura e che sapeva che avrebbe cambiato gli uomini..." ha spiegato Gaiffi.

Stenio Solinas, ha sottolineato la figura di Bartolini giornalista, "...un artista che odiava il giornalismo, specie quello ignorante pieno di pressapochismo fatto in fretta. A Bartolini non si poteva commissionare un pezzo o una critica da un giorno all'altro, perchè lui andava semplicemente a vedere una mostra, voveva documentarsi, fare ricerche e poi scrivere e scrivere bene; non amava parlare a caso, ogni cosa, nel bene e nel male, andava sempre motivata. Bartolini apparteneva a una generazione cresciuta nel mito intellettuale del primo Novecento, l'Italia dei Soffici, dei Papini e dei Prezzolini, l'avventura delle riviste come Leonardo, La Voce, L'Acerba, l'interventismo della cultura, la battaglia delle idee. Quando negli anni Sessanta inizia l'avventura di "Totalità" il mondo però stava cambiando e con esso il modo di fare giornalismo: arriva la contestazione, entrano in sena i giovani, il tasso ideologico si fa fortissimo e così, la contrapposizione destra-sinistra. Arrivano gli "anni di piombo", il terrorismo...

Bartolini ricomincia a collaborare ai giornali alla fine degli anni Ottanta, grazie a Vittorio Feltri che si fidava del suo sapere e del suo fiuto: dopo L'Europeo, L'Indipendente, Feltri diventa direttore de Il Giornale e sale sulla poltrona che era di Montanelli. Un sodalizio fecondo e un'idea del giornalism nel segno dell'amicizia....

Secondo Solinas, Bartolini era consapevole di essere nato in ritardo rispetto al tempo che sarebbe dovuto essere il suo, si rendeva conto che il suo modo di intendere l'arte era in controtempo rispetto alla modernità. Sapeva anche che più un'opera d'arte necessita di spiegazioni quanto al suo senso, più diviene ininntellegibile senza la parola e quindi condannna la manualità a un ruolo secondario e ne nega la sua stessa ragion d'essere.

Nasce da qui una certa malinconia e solitudine, la consapevolezza di stare combattendo una battaglia impari dalla quale non ci si può però ritrarre. Le parole di Guglielmo il Taciturno, ha concluso Solinas, sono quelle che meglio raccontano la filosofia di Bartolini: "Non occorre riuscire per perseverare né sperare per intraprendere".

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica