Simboli elettorali, esclusa l’«altra» Lega

Si è salvata la «Liga fronte veneto» dell’ex leghista Fabrizio Comencini

Paolo Bracalini

da Milano

Il 9 aprile la Lega si presenterà con l’Unione di Prodi. Anche la Liga del Veneto, quella che «ga come finalità l’indipendensa del popolo veneto co el strumento del autodeterminasion», è con Bertinotti, Mastella, Di Pietro e Fassino. Ma alt, fermi un attimo: non sono quelle «originali». C’è scritto «Liga Fronte Veneto» e nel simbolo campeggia il leone di San marco, ma è quella di Fabrizio Comencini, fuoriuscito della Lega Nord di Bossi nel 1998, non la Liga del sottosegretario alle Politiche agricole Giampaolo Gobbo, costola veneta del partito bossiano. E anche l’altra, la «Lega per l’autonomia - Alleanza Lombarda» con le parole «Lega Lombarda» in grande, con Bossi e Calderoli non c’entra niente.
Avevano presentato i loro simboli al Viminale venerdì scorso, la «Lega per l’autonomia - Alleanza Lombarda» e la «Liga Fronte Veneto» di Comencini. I padani di Prodi vogliono correre con l’Unione per Camera e Senato in Lombardia e Veneto. Ma per quanto piccoli e territoriali, con quei nomi e simboli, un bel po’ di confusione la faranno.
E infatti ieri l’ufficio elettorale del Viminale ha ricusato 17 simboli perché troppo simili ad altri già esistenti. Tra questi, appunto, la «Lega per l’autonomia - Alleanza Lombarda». In queste ore è in corso la notifica della decisione, e i partiti avranno 48 ore per opporsi e provvedere alle integrazioni richieste.
Ma forse la confusione nella cabina elettorale è proprio l’effetto sperato. Anche perché la percentuale su cui possono contare i due partitini autonomisti insieme, intorno all’1 per cento, potrebbe essere proprio quella che farà la differenza. Così la pensa Attilio Fontana, presidente del Consiglio regionale lombardo e legale della Lega Nord. «Si presentano queste leghe farlocche - dice - sperando di ingannare qualche elettore distratto. Bisognerebbe intervenire, perché queste sono operazioni truffaldine, fatte solo per recuperare dei voti da chi non è abbastanza attento e scambia il loro simbolo per il nostro». La Lega Nord aveva già portato la questione davanti al tribunale e proprio contro la Lega Alleanza Lombarda che oggi corre con l’Unione. Nel 2002 il ricorso del Carroccio fu respinto dal giudice di Brescia, perché i simboli (l’Alberto da Giussano, il sole delle Alpi, il leone di san marco) e i nomi (Lega, Nord, Padania, Lombardia) sarebbero «patrimonio comune» e non copyright leghista. «Valutazione assurda - sostiene Fontana -, perché la legge è chiara e dice che i simboli non devono confondere l’elettore. Che il problema esista lo dimostra anche il fatto che, per altre finte leghe, il nostro ricorso contro uno stesso simbolo è stato accolto da un Tar e respinto da un altro. Insomma va fatta chiarezza perché questi trucchetti sono indecorosi».
Ma non sempre la magistratura è celere su queste vertenze. Ne sa qualcosa Giancarlo Giorgetti, segretario nazionale della Lega Nord, che qualche tempo fa spiegò: «Questi partiti si presentino con le loro idee senza provocare confusione. Purtroppo i giudici spesso non vengono in aiuto all’elettore: una volta per discutere il nostro ricorso contro una finta lista padana lombarda il magistrato fissò l’udienza dopo le elezioni. Assurdo».
Il simbolo dell’«Alleanza per l’autonomia - Lega lombarda comprende» anche i quattro mori del Partito sardo d’azione, e l’Union für Südtirol, ma pur essendo un movimento autonomista ha scelto di evidenziare graficamente solo la componente lombarda e leghista (“autonomia” e “alleanza” sono scritti in caratteri microscopici). Alle politiche del 2001 ha eletto un solo senatore, Elidio De Paoli (che non ha voluto parlare con il Giornale). Alle Europee del 2004 ha raccolto lo 0,5 per cento di voti a livello nazionale e l’1,5 per cento in Lombardia.


Il veneto Fabrizio Comencini, leghista della prima ora e segretario della Lega Nord-Liga Veneta dal ’94 al ’98, poi fuoriuscito per fondare una seconda Liga, dice oggi di presentarsi oggi con Prodi «per un vero autonomismo contro la devolution, che significa un ritorno indietro rispetto alla riforma dell’articolo quinto della Costituzione». Alle ultime elezioni regionali, tuttavia, malgrado il leone e la Liga, non ha eletto neanche un consigliere. Ma da buon ex leghista, Comencini rivendica: «È tuttora aperto un ricorso contro questa esclusione».

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