La sinistra castiga la sinistra

(...) a volontà, ha subìto un colpo mortale. A cominciare dal luogo comune della partecipazione massiccia al voto delle truppe cammellate, ordinate e coperte, segno di affezione imperscrutabile, ma reale, puntualmente in ogni elezione, al richiamo del grande fratello rosso.
Astensionismo rosso
Due conti. Innanzi tutto, il primo sindaco donna del Comune di Genova è espressione del consenso di un cittadino su quattro. O se preferite, in termini di cifre, nude e crude: Marta Vincenzi ha ottenuto il risultato straordinario (senza ironia, purtroppo per lei) di convincere, con la sua Nuova Stagione, il 25 per cento dei genovesi. Questo sì che è un risultato «storico». Anche senza virgolette. Spiegazione per i più curiosi e propensi all’analisi matematica: domenica e lunedì NON ha votato il 39 per cento degli aventi diritto, cui si deve aggiungere un buon 20 per cento dei votanti che non si è espresso (schede bianche e nulle). Totale: ha tracciato un segno sulla scheda solo il 49 per cento dei genovesi. Per Marta Vincenzi, dunque, ha votato il 51 per cento del 49 per cento dei cittadini. Totale: 25 per cento. MiniMarta.
Rifondazione sparita
No, non è un refuso. Il Partito della Rifondazione comunista conquista, si fa per dire, tre seggi. Peccato - per il segretario Bruno Pastorino, naturalmente - che, in ragione di preferenza, gli eletti nella Sala rossa di Tursi siano nell’ordine Renata Briano, ex assessore diessina in Provincia, e Nicolò Scialfa, che aderiscono a Unione a sinistra di Mino Ronzitti. Terzo classificato, il «rientrante» Antonio Bruno, sodale dell’europarlamentare Vittorio Agnoletto. Nessuno dei tre, pertanto, in quota ortodossa Prc. Se ne compiace Gianluca Mambilla, coordinatore di «Unione a sinistra», secondo cui «l’esito delle elezioni conferma un fenomeno da tempo presente, spesso colpevolmente rimosso o tardivamente compreso da parte della classe politica dell’Unione,..., la preoccupante, grave crisi dell’Ulivo, espressione del costituendo Partito democratico». La conferma viene, ancora una volta, dai numeri.
Ulivo a fondo
Il terreno di coltura del Partito democratico (Ds e Margherita) mette a segno poco più di 88mila voti, il 35 per cento scarso dei consensi. Il confronto con le comunali 2002 è illuminante: i Ds, da soli, avevano 103mila voti corrispondenti a oltre il 35 per cento dei suffragi, la Margherita oltre 27mila voti (9,3 per cento). Se doveva essere un test, tanto più nell’area più storicamente rossa d’Italia, si deve dire che è riuscitissimo: il Partito democratico non è gradito. Punto. La conferma arriva del resto dalla stessa Vincenzi che, nelle prime dichiarazioni dopo l’elezione, affronta il tema dell’astensionismo e della disaffezione alla politica approfittando per liquidare le prospettive più ottimistiche sul Pd: «Bisogna aver capito la lezione soprattutto al Nord - ammette l’ex Supermarta -. Non ci sarà un altro appello, questo è l’ultimo metrò». E aggiunge, testualmente: «Vorrei una politica che voli non che svolazzi. Per quanto riguarda il Partito democratico per ora è solo un processo politico e non ancora un elemento politico su cui far leva».
Lista «sindaca»
La «Nuova stagione», espressione diretta dei consensi a Marta Vincenzi, ottiene un misero seggio in consiglio comunale. Entra Alessandro Arvigo. Le liste di questo tipo avrebbero la funzione e l’ambizione di sostenere il candidato preferito, svincolandolo dal condizionamento dei partiti. Visto il risultato, la nuova «sindaca» dovrà per forza ridimensionare i propositi di autonomia dai partiti tradizionali: le serviranno, eccome, per governare. Un solo «amico» sicuro sul totale di 50 consiglieri pare un po’ poco anche per chi fa professione di discontinuità.
Velleitari
Nota di servizio. D’accordo, l’importante è partecipare. Ma a volte, di fronte al rischio di certi riscontri, sarebbe meglio pensarci due volte. E magari non candidarsi. Movimento «Città partecipata»: 371 voti, 0,14 per cento, la metà dei candidati non ha avuto neanche una preferenza: o non si sono votati, o non sono neppure andati al seggio. Alla faccia del proclama: «Dare ai cittadini la possibilità di decidere direttamente sui temi che riguardano la città». Lista «Pensionati-Partito Repubblicano»: 556 voti, 0,22 per cento. Un po’ meglio la lista «Dc per le autonomie»: 695 voti, 0,27 per cento.

Ma solo 9 candidati su 43 hanno preso almeno un voto. Gli altri hanno preferito eclissarsi. D’accordo, non c’entra direttamente con la crisi della sinistra. Ma con la crisi (della partecipazione popolare) provocata dalla sinistra, molto probabilmente sì.

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