La sinistra Ds assalta il bunker di D’Alema

Il Correntone: «Il partito ha accumulato limiti etici e culturali». Anche Giovanni Berlinguer prende le distanze dai vertici del partito

La sinistra Ds assalta il bunker di D’Alema

Luca Telese

da Roma

Chiamatela pure «bunkerite». Il gruppo dirigente dei Ds prova a rinchiudersi in trincea, sembra perdere lucidità e continua a perdere pezzi, a vedere minata ora dopo ora la sua pretesa unanimista sulla linea della chiusura a riccio: e infatti ieri sia il nume tutelare che il leader del Correntone si sono pubblicamente sottratti alla chiamata di arruolamento, spiegando i motivi del loro dissenso dalla linea del segretario dei Ds.
Il primo è stato Giovanni Berlinguer, che in una intervista alla Repubblica ha preso le distanze dai signori del Botteghino: «Sono d’accordo con Napolitano, come con Fabio Mussi e Vittorio Foa: avremmo dovuto essere più distanti da decisioni che spettano alle istituzioni e all’autonomia delle cooperative». Il secondo, nella serata di ieri, è stato Fabio Mussi, che ha gelato con una doccia scozzese il povero Fassino. Splendido l’incastro dei tempi: il segretario aveva fatto appena circolare sulle agenzie una velina («Fassino pensa alla riscossa e al rilancio dell’Ulivo», in cui dipingeva una situazione idilliaca, e un leader serenamente al lavoro) che il numero uno del Correntone ha reso manifesto il suo dissenso: «Mi pare difficile che la direzione Ds di mercoledì prossimo possa concludersi unitariamente».
Il problema è tutto qui: dopo l’intervista-manifesto di Massimo D’Alema («Io e Fassino colpevoli di nulla») per i Ds è iniziato il conto alla rovescia in vista del redde rationem definitivo, la riunione della direzione prevista per mercoledì. La linea, di fatto, è quella tracciata dal presidente, dal momento che il segretario sembra ancora fuoripartita, tarato sul fuso orario di Città del Messico (dove era in vacanza): per D’Alema, come è noto, i Ds non hanno niente da rimproverarsi, il problema dell’Unipol semmai è una vicenda di Giovanni Consorte. Mirabile la perla che D’Alema si è fatto sfuggire nell’intervista alla Repubblica: «Sono convinto che alla fine di questa storia Consorte uscirà pulito. Al massimo gli imputeranno un’evasione fiscale.... Una brutta cosa, per carità, ma mi pare un vizio piuttosto diffuso in questo sciagurato Paese». La novità, nelle due lenzuolate di forum pubblicate ieri dall’Unità era un’altra precisazione, tanto infinitesimale, quanto interessante: «È possibile, è probabile che ci siamo anche mie telefonate con Consorte. Immagino di sì». Inutile dire che tra i dirigenti ds che hanno avuto a che fare con il supermanager delle Coop è diffusa la certezza che presto arriveranno nuove intercettazioni, e incute un qualche timore l’idea che trapelino - tanti boatos considerano l’ipotesi imminente - il testo delle conversazioni di Nicola Latorre, senatore ed ex braccio destro del líder maximo. Una sospensione che pesa anche sul resto della coalizione, se è vero che molti nei Ds giudicano preoccupante il silenzio di Francesco Rutelli: dalle sue vacanze a Mauritius non ha proferito parola, né per attaccare né per difendere i dirigenti della Quercia. Segno che - almeno per ora - continua a tenersi le mani libere (fra l’altro, sempre a Mauritius, era in ferie anche Clemente Mastella, che rientra lunedì). Insomma, molti cuori sono tutt’ora sospesi, ieri, insieme allo schiaffone ammonitorio di Giampaolo Pansa (che chiede a Fassino e D’Alema di «offrire al partito le loro dimissioni») c’è chi è rimasto stupito per la durezza di Mussi. Il quale, dapprima iniziava la sua esternazione con una considerazione attenuativa («nessun nostro dirigente è accusato di reati, e sono sicuro che non ne siano stati commessi, che non ci sono cioè storie di soldi e di affari, nuove tangentopoli che riguardino i Ds. Questo è molto importante e in questo senso io difendo il partito come fa D'Alema»); poi poneva tutta la forza del problema politico aperto dall’inchiesta, senza troppi complimenti: «Se l'assenza di reati assolvesse anche dagli errori politici, basterebbe affidare i congressi di partito alla magistratura. Invece, nel caso delle scalate bancarie, e delle recenti alleanze che si sono intrecciate, sono stati commessi errori politici che rimandano a limiti più di fondo - politici, strutturali, etici, culturali - via via accumulati dalla sinistra italiana».

Le ultime parole sono una lapide sui progetti di «riscossa» istantanea di Piero Fassino: «Se non c'è disponibilità a discutere seriamente e a correggere tempestivamente, allora si sbaglierà ancora e ancora. Sono disposto ad assumermi ogni responsabilità, ma non questa». Fiati sospesi, al Botteghino.

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