La sinistra trova una scusa per occupare il Tg2

Roberto Scafuri

da Roma

In un Paese stravagante, stravaganti non sono soltanto le notizie e chi le utilizza. La stravaganza si diffonde dall’alto, avvolge cittadini e giornalisti. Le ire di Prodi si abbattono così su Mauro Mazza, da poco riconfermato alla guida del tg Rai in quota opposizione, e già nel mirino degli aedi di Palazzo Chigi per un irriverente «rap» che mise alla berlina il potente premier in una delle sue più potenti interpretazioni alla Camera.
Come nelle peggiori tradizioni del rapporto tra potere «primario» ed ex «quarto potere», il governo mette le mani sul piatto, decide quando come e se smentire le notizie. Salvo poi rivalersi sull’autonomia dei giornalisti. Che accade? Sono le 8 e 57 di un tranquillo mercoledì di lavoro, alla redazione del Tg2. Tranquillo mica tanto, visto che le elezioni Usa lasciano poco scampo a chi è di «line», ovvero ai giornalisti che scorrono le agenzie per preparare le edizioni del tg. Nonostante il fiume di notizie dagli States, un dispaccio Ansa non può passare inosservato: «Apparato militare Eta si trasferisce in Italia, Abc». Secondo il quotidiano on-line di Abc, il gruppo di comando dell’organizzazione indipendentista basca per «ragioni tattiche», dopo la tregua permanente conclusa con Madrid, si sarebbe stabilito nel Nord Italia.
Un «ripiegamento» di cui sarebbero a conoscenza il premier Zapatero e quello italiano, Prodi, che avrebbe concesso una specie di «permesso». Nel recente vertice di Madrid, i due avrebbero persino stabilito che l’intelligence italiana «controlli e vigili», ma senza intervenire «salvo nel caso in cui gli uomini dell’Eta fossero sorpresi in flagrante delitto». Classico balzo sulla sedia del redattore, contatti con Ansa e Spagna per saperne di più. Le «fonti bene informate» citate da Abc non bastano; quelle ufficiali della Moncloa dicono di «non potere né confermare né smentire». Palazzo Chigi, invece, tace. La notizia si diffonde, rilanciata dalla France Presse alle 10.47 e dal giornale radio spagnolo, all’ora di pranzo. Pochi minuti, e il direttore Mazza dà il via libera per includere l’esplosiva notizia nell’edizione del Tg2 delle 13.
Passano altre ore di silenzio. Una manciata di minuti prima dell’ora del tè, Palazzo Chigi si ridesta. Il sottosegretario alla Presidenza, Enrico Micheli, dichiara che la «notizia è falsa». Anzi, in un duro comunicato spiega che il Tg2 ha comunicato «questa stravagante notizia senza accertarsi né della sua attendibilità, né della sua veridicità: la cosa è particolarmente grave... perché il servizio pubblico non ha sentito il bisogno... di chiedere chiarimenti all’unica fonte abilitata a fornirle, cioè il governo». Circostanza ammessa con «rammarico» più tardi da una nota della direzione del Tg2, che conferma di essersi «affidata esclusivamente all’agenzia Ansa, considerata fonte primaria». Leggerezza di un redattore inesperto? Sicuro. Di sicuro, però, alla pari con la leggerezza dello stuolo di comunicatori di Palazzo Chigi (almeno una ventina, tra addetti, portaborse, porta-voci, porta-agenzie e super-consulenti), che non hanno ritenuto per sette ore di leggere (o segnalare a chicchessia) lo «stravagante» dispaccio. Come se si trattasse di una notiziola destinata a morire da sé.
La «stravagante» latitanza dei comunicatori governativi viene riscattata poco prima delle 18 dal portavoce di Prodi, Silvio Sircana, che muove una «severa critica» alla «palese violazione di tutte le regole scritte e no scritte di deontologia giornalistica». E non manca di minacciare una «reazione ferma e decisa». Inutile dire che la reprimenda finisce con la richiesta dell’intera Unione di convocare in Vigilanza Rai il direttore Mazza, perché «servono provvedimenti seri, le scuse non bastano». Al Cda Rai, intanto, la discussione era stata veemente, conclusa da una telefonata del presidente Petruccioli a Mazza per concordare la nota di scuse. Il direttore generale, Franco Cappon, aveva già preso carta e penna per richiedere «una seria riflessione affinché nei servizi dei Tg non manchi mai la verifica rigorosa delle fonti e delle informazioni». Sulle barricate anche l’Usigrai, concorde nel ritenere che «il rammarico del direttore non basti». Mentre nella redazione del Tg2 lo stesso Cdr si spaccava tra chi segnalava l’esistenza di «superficialità e impostazione di parte» e chi denunciava «attacchi politici che rasentano l’intimidazione». Molte le voci in difesa di Mazza nella Cdl, preoccupata per quelle che i leghisti definiscono «prove di regime».

Al di là della querelle, resta però l’«inquietante» silenzio di circa otto ore del governo, segnalati dall’ex ministro Mario Landolfi: «Perché la presidenza del Consiglio non ha smentito tempestivamente la notizia?». C’è qualcosa che non quadra, neppure stavolta.

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