La società capovolta secondo Martin Suter

Nel romanzo «Com'è piccolo il mondo» lo scrittore svizzero torna a mettere in luce i difetti dell'elite arrogante che domina la scena economica e finanziaria fino a farla precipitare nel baratro della sconfitta da dove i reietti si riscattano e conquistano la meritata dignità

Se non fosse per il finale zuccheroso, degno di una fiaba più che di un avvincente romanzo «Com'è piccolo il mondo» (Sellerio, pp.344, euro 14) sarebbe veramente un eccellente libro. E infatti lo è fino alle venti pagine finali quando ci si arriva con la curiosità di scoprire cosa si nasconde dietro un intreccio così semplice, da risultare perfino troppo semplice per non avere un epilogo a sorpresa. E soprattutto per un autore del calibro dello svizzero Martin Suter, per il quale alcuni critici hanno scomodato paragoni perfino con Durrenmatt. Ebbene a quelle ultime sospirate venti pagine si arriva con l'accanimento di scoprire cosa muove una trama interessante nella sua delicatezza, ma proprio in quelle righe conclusive ci si imbatte in una soluzione alla quale manca solo «larga è la foglia, stretta è la via...». Di tante favole. Oppure un più sbrigativo, ma altrettanto mieloso «...e vissero felici e contenti».
«Com'è piccolo il mondo» è un thriller che potremmo definire sociale, perché non ci sono fantomatici omicidi e agguerriti poliziotti alla caccia del sicario. C'è invece un mondo fatto di arrivisti e traditori, di vincitori e sconfitti, di arrampicatori, sociali appunto, ignari perfino delle proprie origini. Una donna matriarcale, ad esempio, che riscatta gli umili natali con una scalata ai vertici dell'economia e della finanza senza lo scrupolo di uccidere, di emarginare i figli, pur di comandarli e sottometterli ai propri voleri. Esercita il dominio perfino sulla sorellastra e riesce a tessere una tela, che le consente di costruirsi un piccolo universo di cui tiene le redini. È una realtà fatua, tuttavia. I loro protagonisti sono gli emarginati. Sono i figli che vivono di vacanze de luxe oppure saltando da un letto all'altro, pur avendo nel proprio una moglie in dolce attesa.
È il mondo dei reietti che si illudono di essere i vincitori. Di servirsi del denaro per lasciare un presunto parente prima ubriaco e poi, riscattatosi dall'alcolismo, malato di Alzheimer, alla stregua di un qualunque oggetto, lasciato in soffitta, perché ormai inservibile. Ebbene un piccolo tassello di quel mondo vuoto, la donna in procinto di diventare mamma, si occuperà di lui senza arrendersi a una malattia che appare incurabile. Non esiterà a combattere qualsiasi battaglia contro il male e contro un mondo che impara a detestare subito dopo il fatidico sì. Sarà lei a smontare quel mondo. A intrufolarsi nei segreti di quella «nobile» schiatta, piena di se stessa e vuota di tutto. Sarà lei a fare della malattia il grimaldello che scardina l'odiosa tela, tessuta dalla famiglia in cui per errore è precipitata.

E sarà la stessa malattia a far capire chi erano i veri malati, a capovolgere un mondo che finalmente torna ad acquisire i suoi esatti valori. A bruciare la vacuità e restituire dignità agli sconfitti delle prime pagine che diventeranno i vincitori nelle ultime.

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