Caro Direttore,
premetto che io non credo, non posso e non voglio credere che Adriano Sofri sia stato il mandante, magari anche collegiale, dell'assassinio del commissario Luigi Calabresi.
Non riesco però a comprendere chi si è meravigliato di quanto in proposito ha dichiarato Adriano Sofri: non essere coloro che hanno ucciso Luigi Calabresi «uomini malvagi», ma uomini che non avendo fiducia nella «giustizia borghese», di fronte a fatti come la strage di piazza Fontana e della Banca Nazionale dell'Agricoltura, hanno ritenuto di doversi fare giudici e giustizieri in nome del proletariato e del movimento comunista, sì del movimento comunista, perché anche Lotta Continua, Potere Operaio, Autonomia Operaia e poi anche le Brigate Rosse e Prima Linea, almeno ideologicamente se non politicamente, si devono considerare parte del movimento.
Oggi tutti, quasi tutti, sembrano aver dimenticato quelli che durante gli anni di piombo furono gli slogan del partito armato, slogan urlati o scritti nelle manifestazioni della Cgil e del Partito comunista, fino al momento nel quale sia sindacato che partito dopo aver tentato inutilmente di credere e far credere che le «Brigate che venivano dette appunto così dette
Rosse», e ancora di più di far rientrare nella legalità molti giovani che, anche abbandonando il partito comunista, erano passati alla lotta armata o comunque erano entrati in clandestinità (so quello che dico!) fecero la «svolta legalitaria», collaborando contro i movimenti e la lotta armata con lo Stato, con le sue forze di polizia e perfino con i suoi servizi segreti, ad esempio fornendo ad essi gli elenchi di coloro che non avevano rinnovato la loro iscrizione al partito. Ché non per prima Lotta Continua o Potere Operaio avesse parlato di «giustizia borghese», è ben noto: era il linguaggio tenuto ad esempio da Renzo Laconi all'Assemblea Costituente e il concetto posto alla base di Magistratura Democratica.
Che Adriano Sofri usi questo linguaggio e come consideri gli assassini del Calabresi, non è quindi certo una novità politica né può meravigliare. In fondo è proprio del Partito Comunista la teoria dei «servizi segreti deviati» e dello «Stato parallelo», che entrata nella mentalità di gran parte della classe politica ed anche della gente comune, è ostacolo forse insuperabile per la costituzione e per il funzionamento di servizi di informazione e di sicurezza.
Mi meraviglia invece che di tutto questo
si meravigli il senatore D'Ambrosio del Partito Democratico, ieri ottimo comunista e ottimo magistrato, che considera «infame» il famoso appello degli ottocento che diventò il manifesto degli assassini di Luigi Calabresi, quegli «ottocento coraggiosi» - tra cui non pochi comunisti o appartenenti all'intellighenzia di sinistra da Norberto Bobbio a Eugenio Scalfari - che di quel delitto possono considerarsi i mandanti per così dire «culturali».
*Presidente emerito della Repubblica
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