Daniela Fedi
da Parigi
Si può essere immensi e al tempo stesso capaci di umiltà? «Si deve» risponde Armani. E ieri per la sua seconda sfilata nellalta moda di Parigi sè presentato in camicia e blazer invece che con labituale T-shirt da lavoro «perché - dice - stavolta non sono più lesordiente italiano di stagione e volevo farmi perdonare il definitivo ingresso nel mondo della couture». I francesi hanno capito e apprezzato questo sottile segno di rispetto alla loro grande tradizione almeno quanto gli indimenticabili capi della linea «Privè»: 53 pezzi equamente divisi tra giorno e sera, uno più bello dellaltro.
Anche John Galliano ha voluto inchinarsi a questa mistica dellatelier squisitamente made in France con una straordinaria collezione dedicata al centenario della nascita di Christian Dior. Certo, la modestia non è il suo forte e per raccogliere gli applausi sè fatto portare in passerella dalla stessa carrozza con cui la madre di Monsieur girava nel giardino di «Milly la Foret», storica magione della famiglia Dior a Granville in Normandia. Ma lo stilista di Gibilterra è come Armani: un profondo conoscitore dellanima come del corpo femminile che trova la sua apoteosi nella couture. Non a caso il maestro del prêt-à-porter sostiene di aver imparato molto dal lavoro in atelier, soprattutto una strategia nei tagli che gli ha permesso di far sbocciare sul suo celebre rigore fior di giacche con boccioli di rosa al posto dei bottoni e ampie porzioni di schiena nuda dietro ai sontuosi abiti-sirena da sera.
Per il giorno la divina creatura che avrà la fortuna di vestirsi «Privè» potrà abbinare i sublimi tailleur grigio perla o bois de rose, con splendidi mantelli di visone intrecciato e poi stampato a tigre sotto ai superbi copricapo che hanno fatto da leit motiv allintera collezione. A larghe tese come una grande foglia luminosa sulla testa oppure con la classica forma a tocque che incornicia il viso e lo fa uscire in tutto il suo splendore, i formidabili cappelli di Armani hanno incantato due incantevoli sessantenni quali Tina Turner e Claudia Cardinale. Quanto ai gioielli cera davvero tutto quello che una moderna regina potrebbe volere nel suo scrigno: lunghi orecchini pendenti con grosse gocce di onice, acquamarina, perle e brillanti oppure meravigliose collane a forma di mezza luna dal cui colore lo stilista dice dessere addirittura sedotto. Bisognava infatti vedere labito da sposa del gran finale interamente ricoperto da minuscole paillettes in madreperla con gli stessi bagliori di un raggio lunare. Ma le baschine intagliate nel velluto nero dei modelli da ballo castigati davanti e totalmente scollati sulla schiena erano quasi unopera darte. Tuttaltra musica sulla passerella di Dior che Galliano ha trasformato nellamato giardino coltivato a mughetti dall'indimenticabile stilista francese nato il 21 gennaio 1905.
«Voglio raccontare la sua storia attraverso i miei vestiti» ha detto Galliano poco prima di presentare unaffascinante antologia sotto forma di sfilata. Cerano infatti omaggi dogni tipo a tutto ciò che ha fatto grande questo immenso protagonista della moda internazionale: la sua famiglia alto borghese con tanto di cocchio e fiumi di perle al collo, le sue sarte con gli abiti definiti ma non completamente finiti, le star di Hollywood magistralmente interpretate dalle più grandi top degli anni Ottanta e le prime clienti della maison tra cui lamericana Carmel Snow a cui si deve linvenzione del termine «New Look». Il tutto in tulle. Con un magico corsetto che riproduceva perfettamente la pelle nuda e delineava una micidiale perfezione del taglio sartoriale.
Unico difetto, se così si può dire, lazzardato parallelismo fatto da Galliano tra il folklore peruviano e linconfondibile estetica degli anni Cinquanta di Christian Dior.
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