Somalia, gli islamici sul piede di guerra con l’Etiopia

Gli integralisti: nel nostro Paese soldati di Addis Abeba, che però smentisce. Gli ultimi due signori della guerra si rifugiano sulle navi da guerra Usa al largo di Mogadiscio

Gian Micalessin

Bashir Raghe e Muse Sudi Yalahow, gli ultimi due signori della guerra hanno mollato tutto ieri mattina. Sono saltati sulle cannoniere Usa alla fonda e sono fuggiti. L’effimera avventura dell’Alleanza contro il Terrorismo e delle sue bande armate è terminata. Al loro posto sono arrivati i soldati etiopi. Secondo molte voci, hanno già attraversato il confine e avanzano verso Baidoa. Si preparano, insomma, a fronteggiare il dilagare delle milizie al qaidiste, che hanno imposto la sharia a Mogadiscio, e a dar manforte al sempre più provvisorio e sempre più isolato governo del presidente Abdullahi Yussuf.
L’entrata in scena di Addis Abeba rischia di innescare un altro sanguinoso conflitto su un territorio somalo sconvolto da 15 anni d’ininterrotta guerra per bande. L’annuncio dello sconfinamento etiope arriva per bocca di Sharif Sheikh Ahmed, grande capo di quelle Corti islamiche che - dopo la conquista di Mogadiscio - stanno espandendo il loro controllo a tutto il sud del Paese. «Ci sono truppe etiopi sul confine si preparano a entrare e ad appoggiare il governo provvisorio, l’Etiopia - annuncia Ahmed - vuole attraversare la frontiera e farci guerra».
Da Addis Abeba arriva la smentita del ministro Bereket Simon. «Non abbiamo attraversato il confine, sono i fondamentalisti ad aver occupato Baladwayne e a marciare verso le nostre frontiere, noi ci limitiamo a monitorare la linea del confine». Se non è zuppa è pan bagnato. La rotta di collisione tra i due Paesi appare inevitabile. Le Corti islamiche sono decise a chiudere in una sacca il governo provvisorio del presidente Abdullahi Yusuf arroccato a Baidoa. Gli etiopi, veterani di passate incursioni contro gli integralisti somali, sono pronti a tutto pur di tenere in sella l’alleato Yussuf e impedire l’espansione integralista alla propria frontiera.
Yusuf, un signore della guerra fedele da sempre ad Addis Abeba, guida il governo provvisorio formato nel 2004 grazie all’appoggio di Unione Europea, Onu, Usa e di alcuni Paesi circostanti. Nonostante l’ampio sostegno internazionale, l’esecutivo non è mai riuscito a estendere la propria influenza al di fuori di Baidoa e spera ora in un negoziato con le Coorti mediato dallo Yemen.
Il fulcro della nuova prossima guerra è Dollo, dimenticata e torrida cittadina etiope all’intersezione tra le frontiere di Kenia, Etiopia e Somalia. Da lì cinquanta blindati carichi di truppe di Addis Abeba starebbero già scendendo verso Baidoa dopo aver attraversato la cittadina di Luuq, 34 chilometri più a sud-ovest. Altre truppe di Addis Abeba si muovono nella zona di confine intorno a Beledweyne, la città 332 chilometri a nord di Mogadiscio, caduta nelle mani delle corti islamiche. «Il mondo deve saperlo, gli Stati Uniti stanno incoraggiando l’Etiopia ad assumere il controllo dell’intera area, stanno marciando contro di noi con la scusa di appoggiare il governo provvisorio», ripeteva ieri il capo religioso delle Corti islamiche.
L’Etiopia, alleata di Washington nella lotta all’infiltrazione del terrorismo integralista nel Corno d’Africa, sembra pronta a prendere il posto di quell’Alleanza contro il Terrorismo scioltasi come neve al sole dopo tre mesi di combattimenti contro le milizie islamiche. I soldi di Washington e le armi di Addis Abeba non sono bastati agli undici signori della guerra riuniti sotto le insegne dell’Alleanza per bloccare l’avanzata delle Corti.

Mogadiscio caduta il 6 giugno nelle mani degli islamici si ritrova così, per la prima volta in 15 anni, sotto il controllo di un'unica formazione armata. L’ingloriosa disfatta è stata suggellata dall’infamante fuga di Bashir Raghe e Muse Sudi Yalahow, i due signori della guerra riparati, ieri mattina, a bordo di alcune navi americane in attesa al largo di Mogadiscio.

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