L’ultima, duplice tragedia figlia dell’insicurezza si è consumata nella notte ad Aprilia, grosso borgo in provincia di Latina: un giovane delinquente è morto, un onesto padre di famiglia si ritrova indagato per omicidio volontario. L’uomo, un tabaccaio, ha sparato a una banda di quattro persone che, per dare l’assalto (il terzo dell’estate, il settimo dall’inizio dell’anno) al suo negozio, aveva chiuso lui, la moglie e i due figli di 12 e 18 anni in casa e li aveva minacciati di morte. Un bandito è rimasto a terra senza vita: aveva 22 anni, era romeno, aveva precedenti per furto.
Le polemiche sono già scritte: non si può uccidere un ragazzo per 100 stecche di sigarette; la morte di questo povero immigrato pesa sulla coscienza del governo di centrodestra che ha armato la mano dei «pistoleri fai-da-te»; in che schifo di Paese ci tocca vivere; il fascismo è alle porte. Ed è fin troppo facile rispondere che episodi simili sono sempre accaduti e che la difesa, dei propri beni oltre che della propria vita, è un principio sancito da una legge. Ma questo non risolve il problema, cioè il diritto dei cittadini a sentirsi ed essere protetti nelle proprie case e per le strade.
I vicini del tabaccaio di Aprilia si sono schierati al suo fianco: «Non aveva scelta, siamo stufi dei furti a ripetizione. Non ci sentiamo mai tutelati, poi uno spara e arrivano tutti». Frasi che trasformano la figura dell’uomo dal grilletto facile in quella, più vera, del commerciante esasperato. E che pongono interrogativi. Pdl e Lega hanno vinto le elezioni anche facendo leva sul bisogno di sicurezza degli italiani: gonfiato e strumentalizzato secondo la sinistra, autentico a nostro modesto parere. Il governo si è mosso subito con decisione per dare risposte all’emergenza: ha varato in tempi record il pacchetto Maroni e ha schierato in alcune città tremila militari a dar manforte alle forze dell’ordine. Bene, ma evidentemente non abbastanza.
Occorre fare di più. Innanzi tutto non limitarsi a presidiare i centri urbani ma arrivare anche nelle periferie e nei paesi, spesso trasformati in dormitori, spersonalizzati e in crisi di identità, dove è più facile che si insedino i disperati e che si manifesti il degrado, anche umano. Per questo servono uomini e mezzi. E a tale proposito si impone una riflessione sulla pur giustamente blindata manovra finanziaria. Necessari i tagli e lodevole il proposito di evitare assalti alla diligenza in autunno. Ma qui si tratta di rispondere ai propri elettori su un terreno fondamentale. Di più: si tratta di garantire ai governati un diritto primario, senza il quale il patto Stato-cittadini può dirsi praticamente sciolto, con tutte le conseguenze del caso. È proprio impossibile rifare i conti in modo da far saltare fuori qualche risorsa aggiuntiva per il ministero dell’Interno? Forse no.
Inoltre, ci piacerebbe vedere qualcuna di quelle espulsioni di criminali clandestini che ci erano state prospettate. Magari ci siamo distratti, però in questi mesi non abbiamo assistito non dico alle deportazioni di massa di cui si favoleggiava a sinistra con echi anche a Bruxelles, ma neppure a qualche episodio dimostrativo. Così, a scopo di dissuasione. Non vorremmo che la stucchevole quanto eclatante polemica sul reato di clandestinità (per misteriose ragioni possibile in ogni Paese del mondo, meno che da noi) avesse a tal punto intimidito il nostro governo da indurlo non solo allo stralcio del provvedimento dal decreto, ma anche a sospendere le espulsioni. Persino quelle già possibili in base alla legge in vigore.
Infine, è urgente la riforma della giustizia. Per evitare che decine di delinquenti abituali e perfino terroristi vengano rimessi regolarmente in libertà con i pretesti più fantasiosi.
Massimo de’ Manzoni
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