Dopo aver interpretato Che Guevara, l'attore Benicio Del Toro si cala nel ruolo di un'altra icona latinoamericana, seppur antitetica a quella: Pablo Escobar, il celebre narcotrafficante colombiano. L'occasione gli è fornita da "Paradise Lost", opera prima di Andrea Di Stefano, quarantaduenne attore romano dal curriculum internazionale, appena uscita in Italia col titolo "Escobar". Come esordio alla regia il film è senz'altro notevole e mischia diversi generi, dal biopic, al thriller, all'action movie.
Siamo nel 1983. Nick (Josh Hutcherson), un giovane surfista canadese, corona il desiderio di trasferirsi col fratello (Brady Corbet) in Colombia, sulla spiaggia, in un vero e proprio paradiso terrestre. Lì conosce Maria (Claudia Traisac) della quale s'innamora. Il sentimento è ricambiato, i due si fidanzano e tutto procede come in un sogno fino a quando la ragazza presenta al compagno lo zio, il ricchissimo boss del narcotraffico Pablo Escobar, a capo del cosiddetto Cartello di Medellìn. La vicinanza con un uomo tanto potente e corrotto, costerà a Nick la perdita dell'innocenza e porterà irreparabili conseguenze nella sua vita.
Di Stefano sembra aver davvero imparato molto oltreoceano e fa piacere constatare la nascita di un nuovo regista italiano, anche se a credere in lui sono stati sostenitori esteri: i finanziamenti della pellicola vengono da Francia, Spagna e Belgio. Tra i produttori figurano, inoltre, le due star hollywoodiane di punta del cast: Del Toro e Hutcherson (celebre coprotagonista della saga "Hunger Games"). Il film è quasi suddiviso in due parti: una in cui Escobar è il re della cocaina e una in cui si narra la sua caduta. Si riportano fatti reali colti però attraverso lo sguardo di un personaggio di fantasia, quello del coprotagonista Nick, perciò gli eventi noir sono romanzati con toni romantici e melò.
La costruzione narrativa non è molto fluida. Dopo un'introduzione piuttosto lunga e lenta si ricorre a sbalzi temporali che potrebbero disorientare. Il ritmo si fa quindi incalzante e la tensione diventa infine viscerale. Alcuni personaggi di contorno hanno una caratterizzazione non troppo coerente, ma ci si fa poco caso dal momento che il centro carismatico del racconto, l'Escobar di Benicio Del Toro, canalizza l'attenzione in maniera ipnotica. L'attore dà una performance di grande forza, rendendo il personaggio magnetico e intenso fin dalla sua sola presenza, anche nei momenti più tranquilli come quelli ad esempio in cui il criminale legge fiabe ai figli. Forse valeva la pena confezionare una biografia classica avendo a disposizione un attore in stato di grazia alle prese con un personaggio così corposo e ambivalente, maniaco dell'immagine e idolatrato dal popolo come un benefattore nonostante i suoi tanti massacri.
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