«Calderón», il testamento poetico di Pasolini

Anni fa Ronconi approfittò di questa curiosa pièce firmata da Pasolini per farne un trattato di illuminotecnica. Adesso un regista di talento come Francesco Saponaro rimette in scena Calderón. Un testo in cui l'autore, notoriamente ostile al teatro, identificava nello svago principale dell'odiata borghesia. Anzi adeguava l'invettiva degli Scritti corsari al calco della Vita è sogno, il capolavoro del grande poeta spagnolo. Con una protagonista, Rosaura (l'eccellente Maria Laila Fernandez) la quale, smarrita la propria identità, cade in una serie di sogni regressivi. Nel primo s'innamora del rivoluzionario Sigismondo (Andrea Renzi) prima di scoprire in lui il suo vero padre. Nel secondo, diventa una misera prostituta, che accoglie nel suo grembo l'adolescente Pablito prima che la duplice figura dello psicologo e del prete (l'ispirato Francesco Maria Cordella) le riveli di averlo a suo tempo partorito. Mentre nell'ultimo spasimo la donna, ritrovata la ragione, sogna l'impossibile unione fra operai e intellettuali che sono il fulcro dell'ossessione pasoliniana. Ne è nato uno spettacolo composito dove l'italiano nell'ibrida mescolanza col castigliano e il napoletano, diventa una tristissima metafora della divisione linguistica e morale dell'Europa. Coacervo di un oggi che non riesce a fiorire nella felicità di un'unione.

Cui presiede un filmato, di rara felicità espressiva dove una splendida Anna Bonaiuto rivela tutte le ambiguità e i sotterfugi del franchismo. Viva partecipazione e grande successo di pubblico.CALDERÓN - Milano, Piccolo Teatro Studio Melato. Fino al 21 febbraio.

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