"Ma che cosa ci faccio io al posto di Riccardo Muti?"

Il direttore d’orchestra Andrea Battistoni, 24 anni, esordirà alla Scala il 23 marzo. Così racconta le proprie emozioni e il proprio orgoglio

"Ma che cosa ci faccio io  al posto di Riccardo Muti?"

Finalmente entro in sala, con la trepidazione del melomane. È la prima volta, non sono mai stato in questo teatro, nemmeno come spettatore, l’ho sempre ammirato da lontano, nei video e nelle fotografie dei suoi spettacoli memorabili. Ma soprattutto conosco la sua storia. Entro nel silenzio totale, le prove cominceranno tra una mezz’ora, posso godermi la Scala tutta per me. Un passo dopo l’altro nella buca, leggii su cui riposano le parti d’orchestra, mi faccio strada fissando il lampadario e il soffitto candido, verso il podio. Scalette rosse per salirvi, come scarlatto è tutto ciò che mi circonda, dalle poltrone in platea ai palchetti al sipario sormontato dal suo stemma. Appoggio i piedi sul podio, e non sembra vero... che diavolo, da quella stessa posizione signori come Arturo Toscanini, Victor de Sabata, Herbert von Karajan, Claudio Abbado, Riccardo Muti hanno guidato innumerevoli recite.

In quella stessa sala Gioachino Rossini e Giuseppe Verdi sono entrati con la mia stessa trepidazione per affrontare le prove delle loro nuove composizioni; e i loro spiriti sono qui intorno, dove potrebbero essere sennò? Un teatro che è divenuto testimone immortale dei capolavori dei geni del melodramma e della musica italiana, come una piramide o una sfinge che contiene al suo interno, ancora intatta, l’essenza di un tempo andato, ma non perduto, anzi, pronto a rivivere in ogni recita, ad ogni concerto. C’è un’emozione particolare nel momento in cui la consapevolezza di tutto ciò mi schiaccia, mi avvita lo stomaco... ma passa presto.

Ora c’è solo curiosità, gioia, la voglia di sempre di fare musica insieme agli artisti, all’orchestra, al coro del Teatro per eccellenza, per onorarne la memoria e la magia. Quella magia che si crea quando le luci si spengono lentamente, e il sipario ci apre un universo altro, fantastico...

Troppo spesso noi musicisti, presi dall’ansia di prove ed esibizioni continue, ci dimentichiamo di essere tutti coinvolti in questo atto quasi magico, la ricreazione di un capolavoro musicale che idealmente ci unisce allo spirito dei grandi compositori in una comunione di emozioni e genialità, per donare al pubblico qualcosa di eccezionale, di prezioso. Può capitare di dimenticarsene... stavolta sarà diverso, sarà speciale... Ricordo la mia prova d’orchestra.

Ricordo di essere stato chiamato d’urgenza alla lezione di esercitazioni orchestrali perché c’era mancanza di violoncellisti dei corsi superiori che avrebbero dovuto formare la fila nell’orchestra del conservatorio. Non avevo la minima idea di cosa volesse dire partecipare a una prova e di cosa dovessimo suonare: mi ritrovai così un po’ spaesato a decifrare la prima Sinfonia di Beethoven sul leggio. Quando il direttore alzò la bacchetta mi si aprì un mondo nuovo, segnando la mia vita. Tutti gli strumenti contribuivano insieme alla nascita di una musica eccezionale, vibrante, divertente. Più tardi mi domandai «Se l’orchestra è uno strumento posso provare a suonarlo, a mettermi alla guida di questi strumentisti?».

Con un po’ di incoscienza ci provai.

Ed eccomi qui. Ora accarezzo la balaustra del golfo mistico gettando un’ultima occhiata alla sala; «dieci minuti all’inizio della prova!»; affiora un sorriso e un brivido. «Corriamo, voliamo: le Nozze a compir!».

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