"Viktor Petrov str.. fascista! Basta bavagli alla stampa! Basta persecuzioni verso le opposizioni! Basta imprigionare le persone solo perché gay. Stai distruggendo il futuro della Russia!". Comincia così, con un chiaro riferimento a Vladimir Putin, l'ultima puntata di House of cards, la serie tv che aveva come obiettivo quello di mostrare i meccanismi del potere, ma che ora rischia di trasformarsi in mero strumento di propaganda.
Nella terza puntata della terza serie, tutto gira attorno a Viktor Petrov, spietato presidente russo, "salito al potere grazie al Kgb", un po' ubriacone e un po' pervertito, invitato alla Casa Bianca dal presidente americano Frank Underwood. L'America propone una nuova strategia per la Valle del Giordano, capace finalmente di portare la pace in Medioriente, ma Petrov (leggi Putin) risponde: "La Russia non guadagnerebbe nulla dalla pace in Medioriente". Una falsità storica se si tiene presente che fu proprio il presidente russo a porre il veto all'Onu che sventò la guerra in Siria.
Underwood organizza una cena presidenziale per Petrov, che però si ritrova come commensali le Pussy Riot, il collettivo che, nel 2012, organizzò una rappresentazione sacrilega all'interno della Cattedrale di Cristo Salvatore. Tre membri del collettivo furono arrestati e condannati al minimo della pena per esser poi scarcerati grazie a un'amnistia. Nella puntata di House of cards, le Pussy Riot, che per questa occasione diventano anche attrici, accusano Petrov (Putin) di essere un tiranno e poi se ne vanno con un'ultima "performance": versare il vino sul tavolo.
Petrov beve praticamente solo vodka, dice che "sta imparando a godersi il divorzio", bacia la first lady e flirta con lei.
Insomma: un villano e un cialtrone.Forse, ci aspettavamo qualcosa di più da una serie tv del genere che ora, anziché mostrare il volto profondo del potere, mostra solamente quello più becero della propaganda.
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