Dracula in 3d fa ancora più paura

Applaudito Dario Argento. Ottimi i due documentari su Woody Allen e Roman Polansky a Cannes

Dracula in 3d fa ancora più paura

Bravo Dario Argento, anche se il suo "Dracula" a Cannes sembra fare un po' meno impressione, eppure il film in 3D non è così rilassante. Sarà che gli ultimi film d'avventura e per ragazzi ci hanno abituato a convivere con mostri da Harry Potter al Signore degli Anelli, ma certamente questo film che fa comunque un certo effetto, più che tanto sinistro sembra a picchi qualche volta un po' grottesco. Nulla a che dire del montaggio, della regia, della recitazione e degli effetti speciali.

Lupi che sbranano, croci e punteruoli, insetti d'ogni tipo e rosso sangue vola e piove da ogni parte. Una mostruosità che è l'architrave della storia di un Dracula moderno che ci fa navigare tra teste mozzate, mascelle spalancate, frattaglie, agli e volti tumefatti anomali.

Il pubblico si divide tra consenso e critica d'eccesso con una scenografia al risparmio anche se molto giocata con il computer. La critica è scettica nel definirlo tra un film definito crepuscolare sul mitico Conte della Transilvania e quel cotè romantico che ricorda tanto l'originale. Fatto sta che il film è piaciuto, perchè sulla bravura del dio dell'horror non ci sono pareri che si differenziano.

La favola la conosciamo tutti fin troppo bene e anche questo fa si ci sia qualche lamento. La saga dei Twilight lo ha reciclato come una sorta di eroe lacrimoso e romantico, ma questo non piace a Dario Argento e quel Robert Pattinson che è presente al Festival di Cannes anche con il film tanto atteso venerdì "Cosmoolis" di David Cronenberg, un altro grande maestro del thriller dell'orrore, per questa occasione alle prese con l'orribile mondo della finanza, si può dire sia figlio della lezione di Argento.

Al nostro regista va la medaglia di avere portato i suoi film in tutto il mondo e soprattutto in America ha avuto un grande successo e ha creato un vero e proprio filone.

La creatura di Bram Stocker è rimasta si può dire fedele alla storia:"Fedele alla storia ma non al personaggio nel senso che ho raggiunto diversi livelli della sua personalità, tutte invenzioni che appartengono al mio mondo dell'immaginario e dell'onirico", ha detto Dario Argento.

Thomas Kretschmann e Rutger Hauer, il principe dei vampiri e il suo uccisore e tutto il resto del cast sembrano navigare o meglio recitare a vista. Interni ed esterni, castelli, prigioni ferrovie e locande si alternano velocemente. Forse una critica la si può fare alla sceneggiatura, se di critica si può parlare, lascia qualche perplessità. Le situazioni climatiche di Cannes, acqua e vento forte hanno aiutato a creare quel clima di cui è fatto il film. Per chi, come i giornalisti se lo sono dovuto vedere verso le ore 12, passando prima con l'occhio della telecamera tra stradine del borgo di Dracula e sentirsi quasi un piccolo insetto che vi si infila dentro spinto dal vento non ha fatto l'effetto impatto che ci si aspettava. Fuori c'era il ciclone ma era chiaro e infilarsi tra la folla sempre in coda davanti al Palazzo del Cinema è sempre un'impresa. Questo Cannes non l'ha mai saputo risolvere.

La tomba da sembre i suoi brividi, come le vittime, ma di questi tempi i canini spuntano da chi guida tecnicamente il nostro Governo e c'è qualcuno che ironizza: "Ma quello è Monti! Per fortuna siamo in Francia".

Cambiando argomento, sono stati ben visti perchè molto bene fatti i documentari su Woody Allen e in particolare su Roman Polansky che per certi versi si può dire che, specie per quest'ultimo si nasconda dietro una sorta di volontà di pulizia dell'artista e dell'uomo. Ben girati e ben fatti sono una nuova formula per memoir filmici.

Toccante il film sulla pedofilia e l'eutanasia, due film in concorso, dolorosi ma anche diffici e di grande rigore. "Jangsten", ossia "La caccia" è del danese Thomas Vinterberg, autore già di Festen che nel 1998 vinse il premio speciale della giuria. Mentre "Amore" dell'austriaco Michael Haneke è stato Palma d'oro due anni fa con "Il nastro bianco", mette in scena una coppia di anziani, ottantenni per l'esattezza, educata, colta e agiata che si ritrova a dovere fare i conti con un ictus. La moglie viene curata in casa con amore ma l'umiliazione e la disperazione accresce altri dolori, primo fra tutti l'umiliazione provata dalla donna che chiede un'eutanasia e il marito la soffoca con un cuscino. Gli interpreti sono Emanuelle Riva e il grande e bravissimo Jean Louis Trintignant che guida il film in maniera sorprendente, una lezione di un grande professionista, vecchio ma capace, visto che la parola "vecchio" ricorre spesso in questo Festival in quanto si incolpa chi ha fatto le scelte dei film di avere privilegiato autori di una certa anzianità, ma a mio avviso la vecchiaia può fare rima con professionalità ed esperienza purchè si lasci spazio anche ai giovani. I giovani però devono sentirsi lusingati di potere vedere ancora mostri sacri in azione, forse hanno qualche cosa da insegnare anche a loro.

Al contrario la vittima del sacrificio in "La caccia" è il vittorioso Mads Mikkelsen che affronta un tema trasversale raccontando l'abuso sessuale nei confronti dei minori. Il film sottolinea che "i bambini non mentono" e in fondo va abbattuta l'isteria sociale e la cattiva propaganda nelel piccole comunità. Attenzione però alle troppe cure di un amico, di uno zio, di un buon padre o di un bravo prete.

L'attenzione ora va al film appena proiettato di Alain

Renais fatto con passione e professionalità che mette in scena tutti i suoi bravi attori a partire da Michel Piccoli. Altro proiezione interessante "Due anime sole in giro a Tokio", ma anche di questo ne parlere più avanti.

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