«Ma farne un'icona è pericoloso»

«La musica è straordinaria, ma il libretto è difficile e incoerente. Per noi francesi non è stato facile misurarsi con un personaggio come questo che non ha nulla a che vedere con la storia». Raccontano Moshe Leiser e Patrice Caurier, i due registi di Giovanna D'Arco: il titolo della Prima della Scala. Così hanno cercato un modo per «rendere coerente l'incoerente». Ma visivamente sarà proprio la scena dell'incoronazione di Re Carlo VII - dunque la storia - a imprimersi nella memoria. Spunterà una cattedrale alta 9 metri, fedele specchio della cattedrale di Reims: meraviglia dei laboratori scaligeri. I registi usano il tempo medievale, quindi cattedrali, corazze e spade della Guerra dei Cent'anni ma l'approccio è onirico. Entrano nella testa di una ragazza che delira, vuole una vita di gloria e si crede Giovanna d'Arco. Vorrebbe combattere per Dio e per la nazione, ma poi incontra il re Carlo VII, e s'innamora. A quel punto sente i demoni, è tentata, urla «son maledetta». Quindi si strugge. Non morirà sul rogo, come vuole la storia. Non morirà sul campo di battaglia, come vuole il librettista Temistocle Solera. Morirà consumata: secondo Leiser&Caurier. E la contemporaneità c'entra? Per Marine Le Pen è diventata una icona: «scacciamo gli Inglesi ovvero gli stranieri». Ma Giovanna «è un'icona che può essere pericolosa perché giocare con Dio e con la nazione ed essere pronti per questo a morire è qualcosa di pericoloso.

Di questo cerchiamo di parlare in quest'opera», dice Leiser. I registi specificano: «La nostra Giovanna non ha niente a che fare con i fatti di Parigi, è un evento troppo tragico, rispettiamolo. L'opera non è una rivista d'attualità». PAF

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