Giuseppe Berto, scherzando, diceva talvolta di essere uno «scrittore per signore». Nel 1964 aveva esorcizzato, con una forte dose di ironia, Il male oscuro, cioè l'abisso della sua nevrosi e della sua depressione. Il romanzo fu un trionfo di vendite. La critica militante invece fu prudente. Berto era inviso ai salotti della sinistra, in particolare a quello molto influente di Alberto Moravia. Il motivo è presto detto: Berto aveva la pretesa di affermare che anche a destra c'è cultura e di contestare il mito della Resistenza, della Costituzione più bella del mondo, delle pretese scientifiche del marxismo. Non nascondeva di aver creduto nel Fascismo e di non credere nell'antifascismo militante di stampo comunista. Aveva scritto i primi racconti e un romanzo (Il cielo è rosso) a Hereford, nel Texas, rinchiuso nel settore del campo di concentramento dove erano detenuti i soldati italiani che non collaboravano con gli Alleati. Una posizione per niente popolare tra gli intellettuali. Comunque nel 1966, Berto azzeccava un altro bestseller, La cosa buffa, che poi è la vita, bella e grottesca. Una storia d'amore semplicissima, resa grandiosa dalla profondità e dall'ironia con la quale Berto scandaglia il tema dell'amore.
A lungo la fama di Berto sembrava legata quasi esclusivamente a Il male oscuro, il romanzo psicoanalitico. È assurdo. Berto è stato un grande scrittore prima e dopo quella data. Prima, sarà sufficiente ricordare proprio i racconti di guerra e prigionia e Il cielo è rosso. Dopo, ci sono almeno La cosa buffa, La gloria e il sottovalutato Anonimo veneziano. E proprio quest'ultimo, dopo Il male oscuro e La gloria, viene pubblicato da Neri Pozza, che libro dopo libro, sta restituendo a Berto il ruolo importante che gli spetta (e che gli fu riconosciuto, ad esempio, da Carlo Emilio Gadda).
Anche Anonimo veneziano, come La cosa buffa, ha una trama semplicissima: amore e morte in una Venezia decadente. Un classico al limite dello stereotipo del romanzo «per signore». Ma Berto sa come trattare la materia e renderla universale. Un musicista di quarant'anni chiede alla ex moglie di andarlo a trovare. Lui è rimasto quello che era anni prima, fa quasi la stessa vita da studente d'un tempo. Lei invece convive con un ricco milanese. La ragazza di allora è diventata una signora ben integrata. Lui è malconcio e cela un segreto, subito rivelato: è ammalato. Lei è ancora bellissima. I due dialogano, battibeccano, si commuovono, si amano, si prendono e si lasciano per sempre. Infine, lei torna a Milano. Lui torna a incidere un disco. Quella musica sarà il suo testamento e forse gli concederà la gloria, unica condizione che consente di «sconfiggere» la morte. Tutta la storia si svolge nell'anima dei personaggi, Berto è un maestro nel cogliere le sfumature dei sentimenti e non rinuncia mai all'ironia, che qui sconfina spesso in un amaro sarcasmo.
Il romanzo Anonimo veneziano uscì nel 1976. Ma nasce molto prima, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Periodo che secondo i critici frettolosi sarebbe di crisi e di stallo creativo. Invece Berto scrive per il teatro, il cinema e le librerie. La Passione secondo noi stessi è per le tavole del palcoscenico e anticipa La gloria, l'ultimo grande romanzo di Berto. In libreria arriva Modesta proposta per prevenire, un pamphlet coraggioso nello smontare i miti del Sessantotto. Anonimo veneziano è stato: la sceneggiatura dell'omonimo film di Enrico Maria Salerno con Tony Musante e Florinda Bolkan (un successo: quarto incasso della stagione, riuscì a superare anche Love Story); la sceneggiatura di un dramma teatrale; e infine un romanzo. Gli apparati della nuova edizione, e in particolare l'introduzione di Cesare de Michelis, permettono di ricostruire tutte le tappe della vicenda. Berto si dedicò a questo libro con estrema cura, cosa che rispecchia l'importanza che gli attribuiva: «Posso dire - spiegò - che in vita mia non avevo mai lavorato tanto per scrivere così poco, né mi ero mai così abbandonato al tormentoso piacere di permettere ai pensieri di cercarsi a lungo le parole più appropriate».
In quel periodo Berto era molto richiesto dal mondo del cinema come sceneggiatore. E pensare che ne Il male oscuro aveva sbertucciato quel mondo di finti mecenati e veri furfanti. Gli fu offerta anche una regia, ma rifiutò.
Era sfiduciato, non credeva più che raccontare una storia, sulla pagina o sullo schermo, fosse utile a influenzare la società. Anonimo veneziano forse non cambierà la società ma di certo cambierà, in molti lettori, il modo di intendere il legame tra amore e morte.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.