L'archivio di Max Brod ora torna in Israele

Daniele Abbiati

Si allunga il brodo su Brod. Ma il valore nutrizionale del consommè à la Kafka resta elevato. La notizia è una non-notizia, semmai una burocratica sentenza passata in giudicato. Ma ciò che conta è (o meglio, sarà) la sua conseguenza.

La non-notizia notarile è la seguente: la Germania restituisce a Israele l'archivio di Max Brod (1884-1968), l'amico e confidente di Franz Kafka (1883-1924), di cui fra il 2009 e il 2012 era sparita buona parte dalla casa della figlia della segretaria del primo. Dunque, non si sono scoperti nuovi documenti, di Brod, di Kafka o di altri. Al contrario, è possibile che ne manchino un bel po', rispetto alla dotazione originaria che era finita nelle mani di Esther Hoffe, morta nel 2007 a 101 anni, e poi passata a sua figlia Eva. Comunque, la ciccia è tanta. «È una specie di who's who del mondo culturale europeo nei primi quattro decenni del Ventesimo secolo», ha commentato Stefan Litt, curatore e capo archivista della Biblioteca nazionale di Israele. Inoltre di quel tesoro fanno parte alcuni brani inediti del diario di Brod e lettere che potrebbero dire molto sulla vita di Kafka.

L'archivio era stato disperso fra il caveau di una banca israeliana, quello di una banca a Zurigo e, appunto, l'appartamento di Eva Hoffe a Tel Aviv.

Ora, non ci resta che attendere fiduciosi. Tornato finalmente a casa (Brod, fuggendo nel 1939 dalla Germania nazista l'aveva portato con sé a Tel Aviv in una grossa valigia), l'archivio potrà parlarci liberamente.

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