Una marcia funebre firmata Strindberg

Da sempre La signorina Giulia, il lungo atto unico firmato da Strindberg, dai nostri teatranti è considerato un testo intrigante ma scomodo, scarsamente apprezzato dal pubblico. Per la conclusione tragica dell'assunto che vede la protagonista incamminarsi verso il suicidio per essersi concessa al servo Jean la notte di San Giovanni che prescrive lo scatenamento dei sensi a ogni inizio di primavera. Come se l'annullamento di se stessa fosse l'unica risposta per avere infranto il pregiudizio di classe. Il testo viene ora presentato integralmente nella sua bella regia da Walter Le Moli che ce lo consegna in una redazione definitiva. Dove al di là della conclusione tragica non esiste nessuna pietà nemmeno per la classe subalterna consegnata a un avvenire spaventoso. Dal momento che l'infrazione alla regola si conclude col matrimonio di Jean con la cuoca Cristine, sinistra premonizione del Fato. Nella cornice asettica di un bianco stemperato dal pallido sole del Nord i due protagonisti si fronteggiano come carnefice e vittima di un rito purificatore esente dal concetto di pietà. Né basta il ricordo del peccato originale commesso dalla madre di Giulia a esentare quest'ultima dal sacrificio.

Nello spettacolo rigoroso che ne risulta, tre bravissimi attori come Sara Putignano (Giulia), Raffaele Esposito (Jean) e Ilaria Falini (Cristine) diventano gli officianti di una tragedia sui generis senza nessuna possibilità di riscatto cui risponde la commossa partecipazione del pubblico. LA SIGNORINA GIULIA - Parma, Fondazione Teatro Due.

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