Non c'è niente di più profondo di un luogo (non) comune

Diego De Silva si ispira a Flaubert e trasforma le frasi fatte in frecciate ironiche o rivelazioni sorprendenti

Non c'è niente di più profondo di un luogo (non) comune

Dove si nasconde la stupidità? Spesso in quello che diciamo senza accorgercene, nelle cosiddette frasi fatte, nei luoghi comuni in cui chiunque prima o poi casca. Nelle frasi fatte incappiamo tutti i giorni, ma sono loro a parlare noi. Se poi le mettiamo insieme ai luoghi comuni, ecco che ne esce fuori un ritratto della bêtise, la stupidità umana di cui parlava Gustave Flaubert, il quale non per altro scrisse il suo famoso Dizionario dei luoghi comuni (oltre a Bouvard e Pecuchét, uno dei romanzi più belli di tutti i tempi).

Un'operazione analoga oggi la propone Diego De Silva, prendendosi una pausa dal suo ormai celebre personaggio romanzesco Vincenzo Malinconico, e pubblicando un pamphlet dal titolo emblematico: Superficie (Einaudi, pagg. 106, euro 12). Perché le frasi fatte, espressione dei luoghi comuni, restano rigorosamente sulla superficie delle cose, ma giocandoci, manipolandole, o solo usandole come ready-made duchampiani, riservano delle sorprese. De Silva, novello Flaubert, adotta due meccanismi: a volte, appunto, basta riportare un luogo comune fuori dal suo contesto per ottenere un effetto straniante, altre volte basta ribaltarlo per avere una frase rivelatrice. Non mancano neppure vere e proprie riflessioni sulla quotidianità, piccole frecce folgoranti alla Oscar Wilde, in alcuni casi basta appena una riga, il tutto in una specie di stream of consciousness, un piccolo trattato umoristico-filosofico da leggere di fila o anche random, aprendolo a caso. Per esempio: «La prima volta che non ti ho baciata è stato bellissimo». Oppure: «Se pensi che il tempo non esista, dai un'occhiata a una tua foto di cinque anni fa». Oppure: «La maggior parte della gente a cui ho sentito dire: delle due l'una, ne sbagliava una». Ci sono anche dei moniti, da citare nei bar e in famiglia quando sentiamo qualcuno sbraitare su come va male il mondo: «Ricorda: per quanto il mondo vada male, va sempre meglio di come andrebbe se fossi tu a guidarlo».

De Silva spazia in ogni campo e rileva tutto il sentito dire: i telecomandi degli alberghi che non funzionano mai e i bicchieri, sempre degli alberghi, che sembrano progettati per far cadere gli spazzolini da denti. Si domanda se i tassisti abbiano il segreto professionale, visto che tutti parliamo davanti a loro dei cavoli nostri come se niente fosse. Fa incursioni nella politica, con considerazioni da uomo comune che nascondono però delle verità, tipo: «Dicono che il partito è una cosa e il movimento è un'altra, ma io la differenza non l'ho mica capita». Ci sono i discorsi puntualmente interrotti da qualcuno che se ne esce con un «Ma di cosa stiamo parlando?», e altri discorsi sociologici sulla televisione che ci rende più soli, dei quali si sbarazza così: «La tv mi fa sentire solo, che è esattamente quello che voglio».

Tra le molte frasi che sentiamo dire: «Io non ho letto il libro, ma». «Mi piace molto il cinema francese». «Se lo conosci, Sgarbi è una persona piacevole». Tra gli aforismi illuminanti: «La funzione primaria della parola vita è quella di dare enfasi a una frase vuota». «Chi ha avuto un'infanzia felice, l'ha avuta normalissima». «La vita non è tua, è in franchising». «Il cinema francese è la vita con molte più parti noiose». «La morte supervaluta l'identità di chi ne aveva pochissima». «Capisco quello che vuoi dire significa Non sono d'accordo con te». «La gente ha diritto di non sapere». Non mancano neppure molte di quelle che una volta di chiamavano leggi di Murphy (dai famosi bestseller di Arthur Bloch), come per esempio la considerazione che «il preservativo si trova sempre nel cassetto opposto», o di come basti avviare una relazione stabile dopo mesi di bianco totale per ricevere almeno due proposte sessuali a settimana.

Ma gli basta scrivere solo: «È ancora una bellissima donna», senza aggiungere altro, perché il lettore si renda conto di una cosa, che quando lo diciamo significa che la donna non è più bella, è diventata vecchia. E poi ci sono i fumatori che dicono «tanto non aspiro», quelli con il figlio di quattro anni «che è un genio del computer» (non illudetevi, non è Bill Gates, è uno come tutti gli altri), quelli che osservano, dandosi arie da critici cinematografici, come Paolo Sorrentino non funzioni senza Toni Servillo, quelli che non possono fare a meno del profumo della carta, chi guarda i talk show solo sperando che gli ospiti litighino (praticamente tutti, da cui il successo imperituro di Sgarbi), chi non è credente ma bestemmia («Cosa bestemmi, se non ci credi»).

Ci rendiamo conto, leggendo De Silva, che non si capisce cosa ci sia da ridere se una mamma fa gli gnocchi; si considera come «le poche volte che ho incontrato la verità, non era mai nel mezzo», e infine non ci

si risparmia neppure di interpretare e correggere il Vangelo: «Ama il prossimo tuo, del precedente cazzo ce ne frega». Un tascabile da portarsi in tasca sempre, perché in questo caso niente è più profondo della superficie.

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