Quando l'eroe è imprenditore La vera storia di "Mister Ignis"

Al via le riprese della fiction su Giovanni Borghi, un esempio della felice stagione dell'industria italiana nel dopoguerra

Quando l'eroe è imprenditore La vera storia di "Mister Ignis"

Prima di arrivare dove siamo, diciamo alla frutta, nell'Italia da ricostruire girava gente fantastica, eroi senza fucile ma con un cuore, una testa e un'ambizione grandi così. Di questa gente si sa poco, eppure nel dopoguerra è esistita e ha dato benessere al Paese ora in saldo, per cui ben venga la fiction Rai su Giovanni Borghi (Milano 1910 - Comerio 1975), cumenda «simbolo della più felice stagione dell'imprenditoria italiana», secondo Gianni Agnelli.
S'intitola Mister Ignis la miniserie in due puntate, a febbraio su Raiuno, diretta da Luciano Mannuzzi, scritta e prodotta da Renzo Martinelli, con Lorenzo Flaherty nel ruolo dell'imprenditore milanese venuto su dal nulla e che legò il suo nome alla Ignis, l'industria italiana di elettrodomestici dal 1991 in mano agli americani della Whirlpool. Anna Valle sarà Maria, la moglie di Borghi e Massimo Dapporto papà Borghi. Un progetto con tre anni di gestazione, che rischiava di non vedere la luce quando il Cda Rai si spaccò sull'approvazione dei finanziamenti: Martinelli è da sempre visto con sospetto da una certa parte politica per la sua vicinanza alla Lega e a Bossi. Inoltre Borghi, self made man, passato dalla fabbrichetta di fornelli per sfollati del dopoguerra al laboratorio che produsse l'elettrodomestico del boom, il frigorifero, era lo zio di Fedele Confalonieri. E Silvio Berlusconi, cresciuto come Borghi all'Isola, quartiere di Milano a tradizione popolare, firma la prefazione del libro Mister Ignis: Giovanni Borghi nell'Italia del miracolo (Mondadori) del giornalista Gianni Spartà, fonte della fiction. Con tutti gli imprenditori italiani disperati, può essere un contributo per tirare su un po' il morale. «In questo momento di disorientamento generale, è necessario restituire alla memoria collettiva figure come quella di Borghi. Non possono andare avanti solo le storie di banditismo o quelle degli eroi della Resistenza: esistono molti esempi di persone che, con sacrificio personale, si sono dedicate al lavoro, andando in fabbrica anche al sabato insieme agli operai. Come il patròn della Ignis», riflette Martinelli, mentre a Cinecittà ultima il film September Eleven 1683. L'ennesimo dei suoi lavori politicamente scorretti, basato sull'«altro 11 Settembre», «sull'ignoto eroe Marco D'Aviano, frate francescano che fece la sua resistenza anti-islamica a Vienna, durante l'assedio turco». Incappato in risultati deludenti (il suo Barbarossa non ha avuto successo al Box office), l'artista ci riprova con l'attore-feticcio Murray Abraham starring D'Aviano ed Enrico Loverso alias Mustafà.

Nel caso di Mister Ignis, lui produce con un pool di sostenitori varesini, concentrandosi sulla scrittura d'una fiction «che non ha nulla a che fare con la politica, ma col miracolo di un'industria che, con la fantasia e con l'impegno, ha contribuito alla crescita dell'Italia», scandisce Lorenzo Flaherty, popolare volto televisivo. Ma qual è la cifra di scrittura usata per scolpire un personaggio carne-e-sangue, un genio dell'imprenditoria italiana, che potrebbe funzionare da modello positivo, nel momento in cui la fiducia nel lavoro è ai minimi livelli? «Il nostro è un paese dietrologo, ma è arrivato il momento di esplorare la fase in cui l'Italia si ricostruiva. Abbiamo sempre celebrato il paese alla luce della Resistenza e dell'antifascismo. Però, tra i Cinquanta e i Sessanta, figure importanti come Borghi, o Ferrari, ebbero intuizioni formidabili. Paese curioso, il nostro: Borghi è lo zio di Confalonieri e questo getta un'aura di sospetto sull'operazione», dice Martinelli, il 27 in partenza per Belgrado. «Vado là a girare perché da noi i costi del lavoro sono altissimi, diciamo differenza 1 a 4. A Belgrado le comparse costano 15 euro al giorno, da noi 100. E le troupe lavorano 11 ore al giorno, non 9», argomenta Martinelli, singolare personaggio del panorama artistico: lavora molto (il suo Mercante di pietre fece discutere) ma la sua immagine pubblica è controversa. «Borghi ebbe due grandi intuizioni. Per primo capì che dai fornelli elettrici si poteva passare al gas. E questo, mentre Enrico Mattei trovava il gas.

Poi, fu il primo ad abbinare il suo brand ai campioni dello sport: pugili come Mazzinghi, ciclisti come Maspes e Poblet, calciatori come Anastasi, star della pallacanestro come Meneghin, Ossola, Raga, negli anni della Ignis Varese che vinceva tutto. E fu il primo a mettere sulle maglie dello sport il nome Ignis», sottolinea Martinelli. Ora che lo sport è marcio e l'industria moribonda, sembriamo fuori tempo massimo. Ma non è detto.

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