La scorsa estate Sinisa Mihajlovic, allenatore del Bologna, rendeva nota a tutti la sua malattia e spiegava che, per combattere la leucemia, avrebbe dovuto allontanarsi per un periodo dai campi di calcio.
Come un guerriero, l’ex calciatore, ha lottato contro la malattia e, ospite di Verissimo nella puntata che andrà in onda domani, 18 gennaio, racconta alcuni dei momenti più difficili che ha dovuto affrontare. Lui, che non vuole in alcun modo essere definito un eroe, ha fatto sapere che il trapianto di midollo osseo non ha avuto “complicazioni gravi” e, almeno per il momento, è lui ad avere la meglio sulla malattia.
“Per adesso la sto vincendo, anche se devo fare attenzione – ha detto a Silvia Toffanin - . Sta andando tutto bene, non sto più prendendo il cortisone e questo è importante. Sono passati 78 giorni dal trapianto di midollo osseo e i primi 100 giorni sono i più critici. Poi dopo è tutto in discesa, bisogna avere pazienza ancora per una ventina di giorni ma superarli bene sarebbe già un bel traguardo”. Contento perché il trapianto non ha avuto complicazioni, Sinisa Mihajlovic è anche tornato ad allenarsi un po’ per tornare in forze “perché dopo 4 mesi senza fare niente e prendendo 17 pastiglie al giorno mi sono un po’ gonfiato”.
Il percorso verso la guarigione è stato molto complicato per Mihajlovic che, nel salotto di Canale 5, ha ripercorso alcuni dei momenti più duri della malattia. “Ho fatto tredici chemioterapie in cinque giorni, ma già dopo il terzo avevano annientato tutto – ha raccontato - . Il primo ciclo è stato il più pesante, mi sono venuti anche degli attacchi di panico che non avevo mai avuto perché ero chiuso in una stanza con l’aria filtrata: non potevo uscire e stavo impazzendo. Volevo spaccare la finestra con una sedia, poi mia moglie e alcuni infermieri mi hanno fermato, mi hanno fatto una puntura e mi sono calmato”.
Accanto a lui durante tutto il percorso c’è stata sempre la sua famiglia, alla quale ha provato a nascondere anche i momenti di maggiore sconforto. “Stavo male ma dovevo dare forza alla mia famiglia perché se mi avessero visto abbattuto sarebbe stato peggio – ha detto l’allenatore - . Cercavo di essere sempre positivo e sorridente, facevo finta di niente per non farli preoccupare. Questa è stata una delle cose più difficili perché non sempre ero al massimo della forma”.
Il modo in cui ha affrontato la malattia, però, non è da ritenere in alcun modo eroico. “Non penso di essere un eroe, sono un uomo normale con pregi e difetti – ha precisato Mihajlovic - . Ho solo affrontato questa cosa per come sono io, ma ognuno la deve affrontare come vuole e può. Nessuno deve vergognarsi di essere malato o di piangere. L’importante è non avere rimpianti e non perdere mai la voglia di vivere e di combattere”.
Tra gli sportivi che gli sono stati accanto durante la lotta contro la leucemia, Sinisa ha parlato di Walter Zenga, Francesco Totti e Ibrahimovic. E non solo.
“Ho sentito tantissima vicinanza da gente famosa e da gente normale, anche con gli striscioni negli stadi – ha detto il mister rossoblu - . Prima ero uno che divideva, con questo problema ho unito tutti. Hanno guardato l’uomo più che l’allenatore e questo era l’importante”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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