"Il suo genio fa spettacolo"

L'attore-regista in tour con Yuna Saito: "Riscopriamolo"

"Il suo genio fa spettacolo"

Verdi l'italiano, prima ancora che ci fossero gli italiani. Viene da lontano la passione di Giuseppe Verdi per l'Italia, un Paese che, se esisteva nelle radici di una terra benedetta per la sua bellezza, non lo era sulle carte. Geografiche e istituzionali, quelle che contavano. Anche di questo Verdi racconta Massimiliano Finazzer Flory nello spettacolo Verdi legge Verdi, nel quale l'attore e regista trasforma sé stesso per prendere il volto del genio di Busseto. Accompagnato al pianoforte dalla pianista nipponica Yuna Saito, allieva dell'Accademia Teatro alla Scala, l'attore evoca i capitoli cruciali della vita del compositore. In tour per l'Italia, Finazzer Flory è oggi in doppio spettacolo al Teatro Sociale di Como, lunedì prossimo al Conservatorio Franco Vittadini di Pavia, poi in giro per vari Conservatori del Nord, con una puntata al Teatro della Cometa di Roma, lunedì 26 febbraio, per una data a sostegno della ricerca sulla fibrosi cistica.

Parliamo del genio di Verdi?

«Ce lo mostrano ogni giorno all'estero: il Metropolitan di New York produce autentico business su Verdi. Ovunque nel mondo, in Giappone, in Cina, in Russia, la musica verdiana produce entusiasmo. Fuori dal nostro Paese, Verdi è l'Italia per antonomasia ma noi, qui, ne abbiamo perso la consapevolezza. Verdi rappresenta l'Italia, ma l'Italia non presenta Verdi: è un nostro dramma».

Da dove nasce questa, definiamola così, alienazione?

«Verdi era un uomo di teatro, e in esso vedeva l'impresa: sia nel senso imprenditoriale, sia in quello di sfida artistica. Nelle sue opere parlava di ciò che l'Italia era e di ciò che avrebbe potuto e dovuto essere. In più, detestava i luoghi comuni, quelli che agli italiani piacciono tanto. Il business verdiano potrebbe servirci per tornare, come Paese, a investire nella cultura musicale: questo spettacolo combatte lo stato di analfabetismo musicale in cui siamo caduti. Nessuno sa più leggere la musica. Siamo fermi».

Verdi intuì i pregi e i vizi degli italiani, entrò in Parlamento: i nostri connazionali dovrebbero rispecchiarsi in lui.

«Dovrebbero, appunto. Verdi fece il deputato su insistenza di Cavour, ma soffriva l'eterno lamento della politica nazionale. Difatti, tornò alle note: diceva che la musica italiana doveva essere spontanea, naturale e abbagliante di luce. Così potrebbe essere il nostro Paese agli occhi del mondo.

Verdi pensava alla potenza culturale che poteva generarci come Paese. Oggi siamo ancora qui a vivere di domini stranieri. Si fa ironia sullo zumpapà verdiano. C'è solo un uomo in Italia che ha capito appieno la grandezza di Verdi: Riccardo Muti».

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