Una «Tempesta» in stile esoterico

Il capolavoro di Shakespeare riletto in chiave visiva e filosofica. Con un grande Albertazzi

Enrico GroppaliIn questa eccellente riedizione del capolavoro shakespeariano il regista Daniele Salvo ha volutamente rinunciato al plot fiabesco della Tempesta per immergere i protagonisti in un clima esoterico. Come se tutti coloro che agiscono in quest'isola, destinata a scomparire dopo che Prospero e i suoi seguaci sono stati reintegrati nelle loro funzioni, non fossero altro che le ombre evanescenti dei nostri sogni.In questa evocazione di spiriti, di streghe e di fate, di corpi viventi e di pallide ombre della coscienza è come se tutti agissero in un altro mondo. Lontano e vicino da noi come se dalle nebbie dell'inconscio ci giungesse la testimonianza di una realtà altra di cui solo a tratti possiamo avere coscienza. A cominciare da Ariele, la bravissima Melania Giglio, figlia dell'intelligenza di Prospero più che un folletto generato dalla sua volontà di potenza.

Al punto che la ridda di apparizioni generate come per magia dall'intelletto onnivoro dell'uomo rinascimentale assumono l'aspetto di postulati filosofici.In uno spettacolo di grande suggestione visiva esaltato dall'intelligenza della regia che dispensa, grazie ad un Albertazzi in forma smagliante, tutti i tesori di questo testo geniale. Grande successo.

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