Sono passati quarant'anni dalla pubblicazione di uno dei romanzi più amati di Wilbur Smith, Quando vola il falco, il primo capitolo della fortunata saga dei Ballantyne. In quella narrazione, ambientata nell'Africa del 1860, compariva un comandante e proprietario di un clipper negriero: Mungo St John. Amato e odiato dai fan di Smith, Mungo St John era sì un uomo senza scrupoli, ma anche un personaggio a tutto tondo, dotato di fascino e di inspiegabili lampi di umanità. Insomma tutt'altro che lo stereotipo del cattivo da romanzo.
Nel nuovo romanzo di Wilbur Smith, scritto con la collaborazione di Corban Addison, il personaggio di Mungo St John torna da protagonista in una narrazione che anticipa di circa un ventennio quella di Quando vola il falco.
Il richiamo del corvo (HarperCollins, pagg. 528, euro 22), di cui in questa pagina anticipiamo uno stralcio, ci fa conoscere un giovane Mungo St John che studia in Inghilterra a Cambridge.
Suo padre, negli Stati Uniti, ha una piantagione in cui lavorano gli schiavi. A lui non sembrano trattati peggio dei lavoratori sfruttati dai capitalisti inglesi che cavalcano la rivoluzione industriale.
Del resto il vero amore di Mungo è una schiava... Ma questo giovane rampollo di una ricca famiglia della Virginia, abile nella scherma e nella boxe e di gran successo con il gentil sesso, si vede a un certo punto crollare il mondo addosso. Il padre, che da sempre tratta i suoi schiavi in modo più che umano, muore. Quando Mungo rientra in patria trova la sua proprietà pignorata, gli schiavi venduti a chi ha ben altre idee su come trattarli e scopre che la morte del genitore è tutt'altro che naturale. Ma ogni speranza di ottenere giustizia risulta vana, anzi si ritrova presto solo e braccato. Verrà così catapultato, da fuggiasco diseredato, in cerca di riscatto e vendetta, nel lato più brutale dello schiavismo: la tratta illegale. La sua unica via per rifarsi un patrimonio diventa l'imbarco su una veloce nave negriera. Dove sarà coinvolto in ogni tipo di violenza. Senza anticipare troppo al lettore per non correre il rischio di levargli il gusto della lettura, qui basti dire che Mungo si terrà in bilico tra il lato più abbietto e opportunista dell'animo umano e quel che resta del suo senso di giustizia.
Il risultato è una
narrazione che mette in luce tutta la crudeltà di un'epoca senza mai ricorrere al pippone buonista o all'happy end di maniera. Piuttosto ci mostra la complessità del mondo che spesso travolge gli individui e li costringe al male.
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