dal nostro inviato a Sanremo
Alla fine ha vinto Francesco Gabbani, davanti a Fiorella Mannoia ed Ermal Meta. Verdetto a sorpresa per una finale tecnicamente ineccepibile. Parte Carlo Conti, volto perfetto nonostante le sedici ore di diretta alle spalle. «Eccociiii». Prima i Ladri di Carrozzelle confermano che la musica è energia, e non c'è retorica in una band di disabili che si diverte sul palco dell'Ariston cantando Stravedo per la vita. Momento irrituale, diciamolo, quando il cantante non vedente alla fine grida «su le mani, non vi vedo!».
Poi c'è uno Zucchero super ospite oppure super e basta, perché raramente lo si è visto così in forma (anche nella parte amarcord, quando emoziona parlando di Pavarotti). Comunque solo alla fine del suo Ci si arrende si presenta Maria De Filippi e, via!, parte davvero la gara con la tipica tensione da finale. Sul divano di casa sembra un gioco, ma sulle seggioline sverniciate dei camerini qui all'Ariston ci sono volti con occhiaie più larghe degli occhialoni di Kim Kardashian. Elodie non sbaglia la sua canzone (videomessaggio introduttivo di Loredana Bertè), Zarrillo fa sempre la stessa canzone, Sergio Sylvestre sfiora i lampadari dell'Ariston con i suoi due metri e rotti e la Mannoia sfiora la perfezione (introdotta da un videomessaggio di Ruggeri). Insomma, una fuga per la vittoria di sedici Big dopo l'eliminazione di Giusy Ferreri, Al Bano, Ron e Gigi D'Alessio che è forse il verdetto più sorprendente degli ultimi venti anni. Quando il Festival era adolescente, ossia negli anni '60, aveva un concorrente niente male in Studio Uno che adesso rivive nella fiction di Raiuno con il trio Del Bufalo, Buscemi e Mastronardi che qui cantano pure. Tempo di Alessio Bernabei e Fabrizio Moro e tocca a Maurizio Crozza che finalmente appare all'Ariston, riscatta i buuu del 2013 e stavolta è da applausi. Prima ironizza sulle 77 parole del vocabolario di Trump poi, nei panni di Razzi, chiama «Carlo Acconto» e vai con le battute. Il Muro messicano? «Si deve fare perché la cucina messicana fa schifo, ecco perché Speedy Gonzales corre sempre». Poi chiede a «Maria De Filippa Lagerback» di annunciare la canzone «Establiscimento». Applausi e pratica chiusa. Poi Masini barbuto. Poi di nuovo Zucchero con Partigiano Reggiano e Miserere. Poi ansia.
Più cresce il volume della platea, più scende quello nei camerini: è la regola della finale all'Ariston. Tanto che corrono i cantanti (Paola Turci al top, Bianca Atzei stabile, Francesco Gabbani che vince il premio TIMmusic, Chiara e Clementino non cambiano le carte in tavola). La finale è celebrativa per definizione, quindi arriva Rita Pavone, che merita il Premio Città di Sanremo anche perché riscopre la sua Cuore del 1963. A quasi 72 anni è una (mini)forza della natura. Intanto scorrono i videomessaggi per i cantanti. A Ermal Meta tocca Fiorello e vince il premio della Critica, mentre Claudio Bisio fa l'elogio della Comello. Liturgia puntuale. Dopo un Montesano di maniera, è Giuliano Sangiorgi dei Negramaro a presentare il bravo Samuel. E se finalmente Michele Bravi conferma di far bene a puntare su se stesso, Geppy Cucciari graffia al volo (con il siparietto del simil-C'è posta per te con Maria e Carlo davanti alla busta) prima che il volatile Alvaro Soler squaderni un medley di tormentoni (El mismo sol e Sofia) e novità (Animal) portandosi a casa 15 dischi d'oro e un disco di platino che, insomma, danno un senso alla carriera boom. Passano Amara e Paolo Vallesi (occhio a lei, bravissima).
Arriva, guarda un po' la sorpresa, anche Carlo Cracco. E finalmente inizia il conto alla rovescia per il vincitore in una sera da copione che chiude il tris di Conti alla maniera di Conti, ossia senza una piega fuori posto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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