"Viva il rock anni '70. Ma non è una rivincita"

La band controtendenza rispetto a rap e trap. "A Londra siamo tornati alle radici del suono"

"Viva il rock anni '70. Ma non è una rivincita"

Voce, chitarra, basso, batteria e via andare. È il biglietto da visita dei Maneskin, che hanno vinto Sanremo partendo dal posto paradossalmente: quello dove stanno le sorprese. Nessuno si aspettava che vincessero e invece: primo posto con una botta di televoto da corazzata. In settant'anni non era mai accaduto che un gruppo così sguaiato e potente vincesse un Festival costruito sui pilastri di Modugno e Ramazzotti mica sui Led Zeppelin o sui Rage Against The Machine.

Sono in quattro, il cantante si chiama Damiamo ed è un sex symbol e loro sono usciti da X Factor dopo aver iniziato a suonare in localini piccoli così oppure per strada: «Sono trascorsi quattro anni e siamo soddisfattissimi di tutto ciò che abbiamo raggiunto», spiegano loro con i volti ancora stropicciati dalla stanchezza. In sostanza: «Non c'è nessun senso di rivincita o di rivalsa, tutto ciò che è arrivato ci riempie di gioia e rifaremmo tutto per filo e per segno», spiegano con una attitudine che è quasi punk, anche se il punk praticamente non esiste più. E che fossero totalmente diversi dal resto del cast di Sanremo s'è capito al primo ascolto del brano, che si intitola Zitti e buoni, ha qualche volgarità ed è il punto di incontro di un rock anni Settanta grondante blues (per capirci, i Led Zeppelin) che abbraccia i Rage Against The Machine, ossia uno dei gruppi rock più determinanti dagli anni Novanta in avanti. Intanto questo brano non è dedicato a un professore che diceva loro stare zitti e buoni, come si legge sui social (è una burla nata dalla gestione del loro account da un altra persona). E non sembra neppure essere un plagio, come è stato detto all'inizio del Festival dopo l'accostamento con un altro brano: «Non siamo neanche intervenuti noi perché la smentita tecnica è arrivata prima. In ogni caso eravamo tranquillissimi. Dopotutto ogni anno a Sanremo parte il totoplagio e quest'anno è capitato a noi». Al di là delle polemiche, la costruzione del brano rientra in un cliché rock del quale è impossibile trovare i lineamenti precisi. A far la differenza è comunque l'interpretazione.

E a chi è cresciuto negli anni Settanta con il rock il pezzo Zitti e buoni non porta granché novità. Ma per chi è nato dopo, è una botta niente male. Chitarra scrostata come nei gruppi hard rock anni, batterista arrembante, frontman alla maniera di una volta, ossia ambiguo, aggressivo, obliquo ma ispirato da Bowie, da Marc Bolan, persino da Alice Cooper. E i Maneskin sembrano filare dritti su questa strada hard rock, che era intuibile ma non definita prima di Sanremo. «Ci piacciono Arctic Monkeys, Doors, Zeppelin. Quando eravamo a Londra, proprio a ridosso del lockdown, abbiamo visto il concerto di un gruppo fighissimo che sta sul palco in modo trasgressivo». Vasco Rossi ha salutato la loro vittoria dicendo che ha vinto il rock: «Beh per noi è un onore».

E anche ieri sera a Domenica In hanno spiegato la loro visione di rock: esecuzione dal vivo, batteria monolitica, basso e chitarra collegati agli amplificatori con i cavi (come negli anni '70) e non wireless (come adesso). Di certo sono diventati la chiusa finale perfetta e simbolica del Sanremo più atipico di sempre.

Quasi tutti avevano previsto la vittoria di Ermal Meta o di Fedez e Michielin e invece, negli ultimi due giorni, a furia di televoto e giurie stampa o demoscopica, sono esplosi arrivando a vincere con distacchi importanti. Quando arrivano, questo vittorie confermano un seguito di pubblico sterminato che sarà fedele nel tempo. Mica male no?

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