Spiegare l’inspiegabile

Poche cose, sui giornali, sono sbrigative come la trattazione di un tentato suicidio. Sarà che i tentati suicidi per definizione non esistono, perché chi vuole trovare la morte difficilmente sbaglia; il gesto di un Gianluca Pessotto, dunque, viene sovente interpretato come il disperato richiamo di chi ha camminato verso la morte ma voltato all’indietro, dandole le spalle, cercando il nostro aiuto. Sui giornali lo schema è sempre quello: chi ipotizza una malattia incurabile, chi debiti, chi una disperazione giudiziaria, su tutte una sbrigativa certezza, era probabilmente depresso. Fior di studi dimostrano che tra i depressi la propensione al suicidio non è maggiore che tra i malati di artrite, ma non è che i giornali si occupino di queste cose, in genere tacciono per una ragione peraltro valida: è dimostrato che le notizie dei suicidi possano essere fonte di seria emulazione. In Italia si uccidono mediamente 4.300 persone l’anno, e la quasi totalità dei suicidi avviene tra domenica e martedì con picchi stagionali a maggio e a ottobre.

Gli specialisti ci studiano, hanno scoperto per esempio che le variazioni di lunghezza d’onda della luce (come frequente nei paesi nordici, primatisti del suicidio) possono creare cambiamenti umorali anche drammatici. I sociologi ci studiano a loro volta, ma le spiegazioni scarseggiano. Chi ne ha in abbondanza sono sempre i giornalisti.

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