"Adesso metto la testa a posto e poi..."

Il tennista azzurro: "Ho il mental coach ma in campo devo sapere io come reagire"

"Adesso metto la testa a posto e poi..."

Seduto davanti a un caffè, Jannik Sinner guarda lo schermo davanti a lui con un pizzico di dispiacere: «In realtà comunque io sono un ottimo spettatore, il tennis mi piace proprio. Anche vederlo». A Torino aveva esordito un anno fa nelle Atp Finals per sostituire Berrettini infortunato, ora tocca a lui stare alla finestra nello stand Lavazza, dopo una stagione ormai già finita: niente finali dei Maestri e niente Davis a Malaga. «Ma io non credo che sia solo una questione di malasorte».

Beh Jannik, quest'anno però

«Si, è vero, me ne sono successe tante. Però penso che evidentemente devo essere più professionale, niente accade per caso. La cosa positiva è che ne abbiamo viste così tante che adesso sappiamo come prevenire».

Niente superstizione, insomma.

«Solo un pochino, ma non sono certo come Nadal. Diciamo che se faccio bene in un torneo, l'anno dopo prendo lo stesso hotel e vado nello stesso bagno in spogliatoio. Ma se è occupato lo cambio...».

A proposito di Nadal. Ha detto che sei stato a un punto da vincere gli UsOpen: bastava quel colpo nel quarto contro Alcaraz...

«Che poi avrei dovuto battere Tiafoe e poi Ruud. Chi lo sa: nel tennis non si può mai dire. Certo, mi sarei portato dietro l'alto livello di quel match e spesso questo conta».

Come sta il dito?

«Ho un problema all'indice destro, questione di legamenti. Ma comunque ho cominciato la preparazione per il prossimo anno. Mi spiace davvero saltare la Davis».

Con Berrettini vi siete sentiti?

«Con Matteo no, non so come sta. Spero ci sia, ma abbiamo comunque una squadra di grande livello. Farò un tifo indiavolato, in Davis si ragiona da squadra».

Cos'è cambiato in questa stagione dopo la decisione di passare a un altro coach?

«Ci sono state cose positive: ho giocato meno per gli infortuni ma ho perso poco. Mi sento più forte, ma c'è da migliorare».

In cosa?

«Servizio sicuramente, poi la risposta rovescio che deve diventare un'arma. E la testa...».

Hai un mental coach?

«Sì. Ma in campo devo sapere io come reagire: Djokovic a Wimbledon mi ha battuto così, salendo di livello mentale. E io sono stato lento a capire. Sembro forte di testa, invece devo lavorarci su».

2023: l'uomo da battere?

«Alcaraz ovviamente, ma di giovani forti ce ne sono tanti anche qui a Torino. Siamo la Next Next Gen».

Lo batterai?

«Beh: lui è il numero 1 è il suo livello mentale e di gioco è altissimo. devo salire fino a lì».

Eppure l'hai già sconfitto.

«Già Magari l'anno prossimo ci rivediamo qui a Torino».

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