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Agnelli provoca il Milan: "I conti non tornano"

Il presidente bianconero: "Si leggono cifre impressionanti ma saranno valutazioni reali? Potevamo vincere la Champions. Bravi noi, non il calcio italiano"

Agnelli provoca il Milan: "I conti non tornano"

Torino - Su la testa, tifosi juventini. Ve lo ordina Andrea Agnelli, che ieri ha chiuso la stagione bianconera nella pancia dello Stadium ribadendo a chiare lettere che «questa è stata un'annata stra-or-di-naria. Abbiamo ritrovato la dimensione che noi tutti auspichiamo». Quella europea, ovviamente. E non valgono le battute legate al fatto che, venendo sconfitta dal Barcellona, la Signora sia diventata la squadra con il peggior bilancio (due vittorie, sei sconfitte) tra quelle arrivate all'ultimo atto della Champions: «Non siamo contenti di avere perso, ma orgogliosi di quanto fatto. Una stagione è positiva quando in primavera si è in lotta per tutti i traguardi possibili». Insomma: il mancato triplete brucia fino a un certo punto, perché «la partita di sabato non deve lasciare alcun rammarico come invece quelle di Atene, Monaco o Manchester».

Guardare avanti, adesso. Con i conti a posto e le solite frecciate a chi ha opinioni diverse: «Il bilancio dello scorso esercizio (315 milioni di fatturato, ndr) ci permette di affrontare le grandi potenze europee sul campo. Non bisogna però pensare che, poiché Milano dista solo 124 chilometri da Torino, l'anno prossimo la Juve giocherà certamente la finale di Champions. Mi aspetto semmai di essere già agli ottavi alla 4ª o 5ª giornata del girone». Si punta al top, identificando in Dortmund e Madrid i momenti decisivi che «ci hanno permesso di affrontare il Barça a viso aperto: avremmo anche potuto vincere». Applausi ad Allegri e Morata, quest'ultimo «il giocatore più determinante della nostra Champions. E' certamente il presente della Juve: il futuro, vedremo».

Si va insomma in vacanza - annunciando anche che la “decima” coppa Italia non avrà l'onore di una stella d'argento sulla nuova maglia - con l'animo sereno e il desiderio di mettere altri puntini sulle classiche “i”. Tanto per gradire, i rapporti con la Figc (richiesta di risarcimento danni da 443 milioni) e Tavecchio non cambiano: «Manca un vero progetto sportivo da parte della Federazione, che non ha alcun merito se Juve, Napoli e Fiorentina hanno fatto bene in Europa. Queste squadre non rappresentano il successo del calcio italiano, ma quello di tre società che hanno saputo gestirsi molto bene. Mi chiedo quale sia il ruolo delle leghe nel sistema calcio: se vogliamo tornare ad avere un ruolo primario a livello internazionale, serve un percorso condiviso di 5-10 anni». Dandosi priorità chiare, a cominciare dalla sicurezza: «È stato deciso di investire sulla “ goal line technology ” con una spesa per ogni singola società di 400 mila euro. Sono state trovate le risorse per risolvere due o tre casi all'anno: con la metà di quei soldi - cosa che noi abbiamo fatto allo Stadium - potremmo però dotare ogni impianto dell'attrezzatura necessaria per individuare con certezza assoluta chi lancia bombe carta o simili».

E poi c'è il Milan, da punzecchiare: «Si leggono numeri impressionanti circa la cessione del 48% delle quote, ma non sappiamo se corrispondono alla verità. Quando però guardo i numeri dei bilanci e faccio qualche riflessione sui multipli, sul risultato netto e il margine operativo lordo, fatico a trovare una quadra a quel numero». Ovvero alla valutazione di un miliardo di euro data alla società rossonera: «Ci sono senz'altro dei valori intangibili quali quello del marchio - ammette -.

Però mi chiedo come a fronte di questi indicatori, si possa arrivare a un risultato di quel tipo». Scettico: punto. Confermando invece di trovarsi in sintonia con il modo di vedere (e di vendere) il prodotto calcio con Thohir e Pallotta: avversari in campo sì, alleati per svecchiare il calcio italiano anche.

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