Allegri, un uomo ideale al momento giusto. Lo insegna la Juventus

Max "snobba" l'estero e allena chi gli prendono. È l'opposto di Antonio, ma non nel carattere

Allegri, un uomo ideale al momento giusto. Lo insegna la Juventus

Non esiste l'incastro perfetto. Esiste solo la volontà di smussarsi reciprocamente. Ecco il nodo da sciogliere tra l'Inter e Antonio Conte uscito dalla notte di Colonia con quella frase «il futuro ci sarà con o senza di me» che lascia aperti i cancelli di Appiano Gentile alla soluzione pacifica (concordia sui programmi futuri e rilancio dell'operazione) oppure al suo opposto che vuol dire ciò che tutti immaginano e scrivono da alcune ore. E cioè le strade che si dividono e l'arrivo all'Inter di un nuovo allenatore.

In questo secondo caso l'incastro perfetto esiste e si chiama Max Allegri, tornato da giorni nella sua Livorno dopo qualche escursione in Sardegna con la sua compagna Ambra. Mai sentito e visto così sereno e tranquillo Max nel giorno del suo recente compleanno anche in assenza di contatti ufficiosi rilanciati da siti e giornali che pure non mancarono nel passato di abbinarlo a qualche club straniero, opzione da lui considerata sempre la seconda o addirittura la terza. Non è la prima volta che i destini di questi due fuoriclasse della panchina, così diversi nel credo calcistico, così uguali nel temperamento sanguigno con la differenza decisiva che Allegri tiene al guinzaglio le intemerate, s'incrociano in modo suggestivo. Accadde anche allora, sei anni fa, in quell'altra estate bollente, con Conte che ruppe lo schema dell'idillio col mondo della sua Juve, l'incastro perfetto. Perché Beppe Marotta, che da Galliani riceveva puntuali referenze sulla bravura di Allegri, non perse un solo minuto per reclutarlo, fargli ottenere la rescissione consensuale del contratto con il Milan, e riportarlo in tutta fretta alla guida della corazzata bianconera.

Se la volontà di smussarsi reciprocamente non dovesse emergere nel vertice neroazzurro di martedì prossimo, beh allora il cambio diventerebbe inevitabile. Ma prima che ciò accada bisognerà anche decifrare le parole di Antonio Conte e non farlo passare per un matto che fa il matto perché le sue espressioni di venerdì notte hanno una spiegazione. Per esempio il riferimento alla famiglia che ha lasciato taluni perplessi. Cosa c'entra la famiglia? Qui bisogna risalire all'episodio di fine 2019 quando spunta all'improvviso (per l'interessato) sulla prima pagina del Corsera la notizia di una busta con pallottole recapitata alla sede interista e intestata all'allenatore pugliese che aveva spinto la questura milanese ad apparecchiare un servizio di sorveglianza personale. Antonio rimase sotto choc perché lo spavento, in famiglia, fu grande. C'è anche la delusione dell'Italia, intesa come Paese, dentro e fuori dal calcio, concetto manifestato pubblicamente quando i giornali scrissero a proposito dell'accoglienza «speciale» che avrebbe ricevuto dai tifosi della Juventus.

Poi ci sono nodi di natura tecnica, riferiti alle scelte di mercato, che da sempre sono per Conte motivo di dissidi clamorosi con la società. C'è un ricordo nitido che affiora in queste ore: dopo l'esaltante promozione col Bari in serie A, Conte masticò amaro per il ritardo col quale si stavano realizzando le operazioni di rafforzamento della rosa.

Ha ricordato sul punto Giorgio Perinetti, all'epoca ds del Bari di Vincenzo Matarrese: «Gli dissi: Antonio pazienta qualche tempo, vedrai che alla fine avrai quel che hai chiesto». Non pazientò e lasciò il Bari a Ventura.

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