Non proprio un botto di fantasia. Conte fa sempre così: vince e scappa. Stavolta anche peggio: all'Inter avevano già vissuto la scena e la sceneggiata. L'ultimo allenatore dello scudetto ha imitato (anche male) il penultimo allenatore dello scudetto: in arte Mou. Almeno Mourinho lo ha fatto con la lacrimuccia agli occhi, senza nemmeno aspettare di festeggiare la Champions a Milano. Conte prima ha pensato alla buonuscita, poi alla buona uscita. Qualcuno dirà: se uno che vuol mangiare al ristorante stellato lo trova chiuso, è naturale che se ne vada. D'accordo, ma l'Inter non è proprio una trattoriaccia che scuoce il riso cinese. Ancora una volta ha vinto il superEgo del tecnico: non ci sta mai a rischiare, a provare il brivido di una stagione da trapezista senza rete. Oggi Conte è più che mai un re: per quanto vince nei campionati, non in Europa, per i guadagni che porta a casa (anche stavolta ha scucito altri 7 milioni per il disturbo di un saluto), per l'attitudine a tradire la causa: Juve, nazionale, ora Inter. Conte nell'arte è davvero un top, come allenatore potrebbe far meglio. Quest'anno ha vinto, e non poteva esimersi. Eppure ha messo tempo per inquadrare una squadra già pronta fin dalla passata stagione. Milano in questi giorni conosce tradimenti diversi: lo dicono fatti e misfatti tra le due sponde calcistiche. Ci resta male l'Inter con il suo tifo affezionato: uno scudetto conquistato dopo 11 anni non meritava di finire sempre nel retrobottega. Già, in vetrina arriva Zhang che dice: tagliamo gli stipendi, non ci sono soldi. Oppure Conte che piagnucola per essersi sentito solo durante la stagione (con 12 milioni in tasca si può soffrire) e lascia la imbarazzata compagnia. Ha perso l'Inter. Conte avrà sempre modo per raccontarla a modo suo.
Invece il club ha già perduto colpi da qualche tempo: gli imbarazzi gestionali di un giovin presidente l'hanno fatta da padroni. Il conto economico è problema di tutti, la gestione cinese lo ha fatto diventare un abisso. A ciascuno le sue colpe.
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