Un idolo, un riferimento. Matteo Berrettini (n.14 del mondo) così si era avvicinato ieri al match d'apertura dell'Arthur Ashe Stadium di New York nella sfida valida per il terzo turno degli US Open 2022 contro Andy Murray. Lo scozzese ha fatto parte del club dei cosiddetti "Fab Four", condividendo momenti di grande tennis con Novak Djokovic, Rafael Nadal e Roger Federer. Di acqua ne è passata sotto i ponti: il primo sigillo Slam proprio a Flushing Meadows nel 2012 e una nuova anca che ha fatto di Andy una sorta di uomo bionico.
Non è quindi il Murray dei tempi migliori, ma nel corso di questo Major segnali di vitalità ne sono arrivati. Non a caso Matteo ha deciso di allenarsi prima di questo Slam proprio con l'asso britannico e gli scambi, per sua stessa ammissione, sono stati ad alta intensità. Un percorso quello di Berrettini, invece tra luci e ombre: positivo l'esordio contro il cileno Nicolas Jarry, falloso il secondo turno contro il modesto francese Hugo Grenier. Tanti errori contro il transalpino per il romano che, come si suol dire in gergo, non sentiva la palla
Per questo, tra molti punti interrogativi è giunto a questa sfida, non inedita. Il bilancio era di 2-1, con gli ultimi sigilli dell'italiano sull'erba del Queen's l'anno scorso e nella finale di Stoccarda di questa stagione, mentre il ko risaliva al 2019 sul veloce indoor. Il piano tattico di Berrettini era chiaro: rendere gli scambi non troppo lunghi e lavorare ai fianchi il rivale con la potenza del suo dritto. Una strategia nella quale l'efficienza al servizio era un tratto essenziale per la riuscita del tutto. In sostanza, la combinazione dei due fondamentali doveva portare al piccolo capolavoro che tanto si desiderava da chi, nel 2019, seppe spingersi alle semifinali in questo Slam.
Una partita sviluppatasi sul filo del rasoio con l'azzurro in controllo delle operazioni nei momenti topici dei primi dei due parziali, sferrando i propri attacchi in maniera chirurgica (6-4, 6-4). La terza frazione sembrava avviata allo stesso modo, ma le diverse palle break fallite (8) hanno dato nuova linfa a un Murray alle corde, che con orgoglio si è andato a prendere la frazione su 7-6 (1).
Altalena di emozioni e lo strappo decisivo di Matteo nell'ottavo game, confermato dal 6-3 finale che chiude il match dopo quasi quattro ore di gioco. Pass agli ottavi di finale per il quarto anno di fila agli Us Open e domani sfida contro il 23enne spagnolo Davidovich Fokina. «Ora non mi fermo», così il tennista romano.
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