Cari ragazzi, ci dicevano gli antichi (Ovidio, Plauto, Foscolo fate voi): se ne vanno gli amori, restano i dolori. Ecco, voi azzurri, cercate di non andarvene. Non andarvene lontani dal mondiale, magari a guardare partite in tv. Ne abbiamo bisogno tutti, tutti intesi come Italia nazione prima ancora che nazionale del pallone. Pallone e nazione, la rima suona bene e non c'è stato mai un momento, nella Nazione nostra, che non abbia funzionato: tutti insieme disperatamente a tifare pallone. L'azzurro ci unisce, l'arcobaleno coloristico delle squadre di club ci divide. Negli ultimi anni ci siamo sentiti una nazione a rischio, non solo nel calcio: traballanti in ogni governo, economicamente carichi di debiti, con problematiche sociali. Poi c'è stato il tragico covid. Ora la guerra che rimbomba nelle vicinanze con tutto quanto può comportare: prezzi che salgono, denaro che scende, rischi in aumento, un popolo esule e macellato da accogliere. Ma noi lo sappiamo: un calcio di esaltazione dal pallone allunga la vita. Questa nazionale ha fra i piedi un destino che vale più di una qualificazione. Oggi più di cinque anni fa. È un carico da 90 (non solo minuti)? Si, vero. Ma per tutti c'è un destino. Ora tocca a questi ragazzi. Il calcio smuove un Paese, produce benessere anche industriale, restituisce forza interiore, attimi di serenità, credo nei propri mezzi: tutto un po' simbolico. Impegnativo? Forse. Ma così è l'Italia: basta rileggersi pagine di storia. Prima il calcio, poi i campioni: a qualunque sport appartengano.
Vedere, per credere, il resoconto dell'ultima decina di anni prima del gran finale: il campionato europeo. Fra i club continentali interpretiamo la parte dei soprani che steccano. La nazionale di un ct sventurato è andata fuori strada per la via che portava all'altro mondiale. Poi, nell'ultima estate, siamo rientrati da una porta principale: campioni d'Europa. È stato un luccicare di sensazioni, emozioni, adrenalina a scorrere facile. Siamo tornati! È rispuntata goduria allo stadio (stato) puro. Estate da tutti al mare: nel mare azzurro del pallone che fa sognare. Sono seguite le meraviglie olimpiche, un'Italia di eccellenze. Lo sport possiede una sorta di magia, ti spinge dove non sapresti osare: rilancia il credo di una nazione. Date un occhio ai risultati degli ucraini nelle Paralimpiadi invernali. E chi non è rimasto abbagliato dalla bravura di Yaroslava Mahuchikh, campionessa mondiale del salto in alto indoor? Splendono orgoglio e bravura, mentre il Paese combatte una guerra. Gli ucraini sono combattenti, non a caso Vitaly Klitskho, sindaco di Kiev, è stato un campione mondiale della boxe: uno dei migliori massimi degli ultimi 40 anni.
Noi siamo diversi ma dovremmo copiare: ci ha risvegliati qualche rigore sbagliato ed eccoci a penare e sperare. Stavolta restare fuori dal mondiale farebbe più male: non possono permetterselo i campioni d'Europa, nemmeno questa Italia-Paese dai sorrisi spenti. Ci serve una squadra dai tiri mancini.
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