Cile muscoli e sregolatezza Valdivia, l'altra «maravilha»

Cile muscoli e sregolatezza Valdivia, l'altra «maravilha»

«E' una meraviglia, il miglior giocatore che abbia mai visto su un campo di calcio dopo Maradona». Così si è espresso una volta Pelè nei confronti di Jorge Valdivia. Facile immaginare l'espressione del tifoso medio europeo: Jorge chi? Già, perché il cileno Valdivia, soprannominato il Mago dalle frotte di estimatori che vanta in Sudamerica, sembra aver trascorso tutta la propria carriera a tentare di nascondere un talento debordante tra le pieghe di un carattere indisciplinato e bizzoso. Un playboy nottambulo che fa il calciatore quasi per hobby. Basta e avanza però per vederlo, quattro anni dopo il Mondiale sudafricano, ancora nel cuore del gioco della Roja, visto che, a detta del ct Jorge Sampaoli, «Valdivia è un giocatore indispensabile per il Cile come Cristiano Ronaldo lo è per il Portogallo». Se non viaggiasse già sulla trentina, il vero niño maravilha sarebbe lui e non Alexis Sanchez.
Mago in campo per le giocate di alto livello, ma anche fuori. Quanti infatti riuscirebbero a trasformare la festa per il battesimo della figlia in una mega squalifica di 20 partite (poi ridotte a 10) dalla nazionale? Accadde nel 2011, dopo che lui e altri tre compagni (tra cui lo juventino Vidal) si presentarono all'allenamento con quasi un'ora di ritardo e con i postumi ben visibili di una nottata particolarmente allegra. L'allora ct Claudio Borghi, che quando allenava Valdivia nel Colo-Colo lo definì «uno dei cinque migliori giocatori al mondo», gli disse che con la Roja aveva chiuso. Lo ha rispolverato Sampaoli nel settembre 2013: il suo Cile di guerrieri tutto muscoli e velocità aveva bisogno di un jolly d'attacco come il Mago, giocatore di natura tatticamente anarchica. Uno in grado di rompere gli equilibri in qualsiasi momento, e pazienza se il suo stile comportamentale si mantiene agli antipodi di quello dell'atleta modello, tra lunghe nottate in discoteca, apparizioni nei reality, un numero imprecisato di flirt (è spostato con la modella Daniela Aranguiz), liti in campo (nel Palmeiras, dopo una sostituzione, mandò a quel paese in diretta tv Felipe Scolari, all'epoca tecnico del Verdao) e fuori.
«Valdivia gioca il Mondiale in casa», scrivono i media brasiliani. Proprio così, perché dopo due infruttuose puntate in Europa (Rayo Vallecano e Servette) in tenera età, dal 2008 ha trovato casa nel Palmeiras, diventando un idolo assoluto della tifoseria, che gli ha perdonato anche la fuga (nel biennio '09-10) negli Emirati Arabi Uniti. Bastava vedere le maglie presenti sugli spalti dell'Arena Pantanal di Cuiabà all'esordio del Cile contro l'Australia: la maggioranza dei cileni indossava la camiseta roja di Sanchez, i locali invece quella del Palmeiras di Valdivia. Il giocatore più richiesto nella mixed zone al termine della partita. Perché in Sudamerica solo Neymar e Messi possono competere, mediaticamente, contro il Mago.
Non possono pertanto che aggrapparsi a lui i cileni per battere i loro conquistadores e porre fine al loro dominio sul calcio mondiale. Due Mondiali consecutivi del resto il Cile li avevi messi in fila solamente nel '62 e nel '66, ma in un'edizione era il paese organizzatore. La doppietta Sudafrica-Brasile invece è stata interamente costruita con le proprie forze, con tanti ringraziamenti alla "scuola argentina" di Bielsa, Borghi e Sampaoli.

E pensare che, al momento dell'investitura di Bielsa, il quotidiano La Tercera scrisse: «Non è una bella cosa per l'orgoglio del popolo cileno vedere la propria nazionale messa nelle mani di un argentino». Oggi invece il Cile può scrivere la storia.

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