Il compromesso all'italiana per una Nazionale di guai

Dopo le scommesse e l'inchiesta su Gravina si è voluto evitare di portare un "problema" sensibile negli Stati Uniti

Il compromesso all'italiana per una Nazionale di guai
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No, non è finito domenica sera, come molti si auguravano, sepolto dietro il comodo paravento del «sono cose di campo». Il caso Acerbi è diventato la notizia del giorno prim'ancora che intervenisse la procura federale, per effetto della decisione di Spalletti e della Federcalcio di rimandare a casa l'interista convocato per il viaggio americano della Nazionale. La motivazione ufficiale del provvedimento («nelle parole di Acerbi non ci sarebbe stato intento diffamatorio ma l'azzurro si è escluso per serenità del gruppo») è il classico tentativo all'italiana di salvare la faccia a tutti, al club Italia e ad Acerbi senza cedere al perdonismo di comodo. Sicuramente è passata la linea rigorosa del Ct che ha di recente esposto le linee guida della sua prossima missione tedesca: non si sgarra con i comportamenti. Qualche giorno fa ha richiamato Barella dopo le capriole simulate col Genoa, ieri ha mandato a casa Acerbi.

Inevitabile il provvedimento. Ve li immaginate i commenti dei media Usa, sempre iper sensibili sul tema del razzismo, se durante la tournée dei prossimi giorni, la Nazionale italiana si fosse presentata con Acerbi nel frattempo finito sotto indagine per la definizione di negro riservata a Juan Jesus? Con le cicatrici ancora fresche della vicenda scommesse di Tonali e l'inchiesta aperta sugli accessi illegali ai conti di Gabriele Gravina, meglio evitare un'altra martellata alla reputazione del calcio italiano che a metà giugno deve affrontare l'europeo tedesco con la qualifica di campione in carica. Per il resto, tutti gli altri protagonisti intervenuti sul tema hanno fatto del loro meglio per trasformare il dibattito nel solito, imperdibile clima da stadio. Il capo del sindacato calciatori Calcagno è scivolato sulla frase assolutoria («non strumentalizziamo certi episodi»), il Napoli ha rilanciato in direzione opposta («il tempo dell'indifferenza è finito»), l'Inter è rimasta sul vago rinviando a un colloquio col calciatore la valutazione dell'episodio.

Così alla fine la migliore prestazione è rimasta quella del brasiliano Juan Jesus che sul prato di San Siro si è rivolto all'arbitro per segnalare la gravità dell'accaduto ma dinanzi a microfoni e taccuini ha messo la parola fine segnalando solo che Acerbi «è andato

oltre con le parole». Insomma non è stato un bel sentire. Jesus si è comportato da agonista: se provi a battermi con le parole invece che con il talento non te la faccio passare liscia ma non vado in piazza a fare la vittima.

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