Per il momento è un po' come giocare un doppio squilibrato. Da una parte ci sono Federer e Nadal, dall'altra Djokovic chiama con sè Vasek Pospisil. Capirete che non è la stessa cosa. Siccome però la partita è tutta fuori dal campo, può succedere di tutto. Visto che i tre grandi tenori del tennis si trovano a farsi una guerra dichiarata dopo averla tenuta sotto traccia per mesi. Insomma: più che degli Us Open zoppi che partono oggi, nel mondo delle racchette si parla della nuova associazione giocatori promossa da Nole. Che, a suo dire, «vuole fornire una piattaforma attraverso la quale possiamo esprimerci e parlare dei nostri interessi».
Cosa siano questi ultimi è chiarito nella lettera in cui ha rassegnato le dimissioni dall'Atp: ovvero una maggiore considerazione da parte di organizzatori del circuito, degli Slam e della federazione internazionale in materia di calendario e montepremi. Il che vuol dire mettersi a dirigere il traffico di una montagna di soldi. «Non abbiamo vantaggi economici e non sappiamo neanche quanti aderiranno alla nostra iniziativa» insiste però Djokovic, ma di sicuro non lo faranno appunto Roger e Rafa, che hanno risposto con un comunicato in cui si chiede unità: «Il momento è sbagliato, la nuova associazione non può coesistere con l'Atp: ci sono cose da correggere e da rinnovare, ma chi si assumerà la responsabilità di eventuali ricadute negative sulle nostre carriere?».
Ecco, la sostanza è questa: i dirigenti del tennis sono diventati un po' troppo padroni del vapore e l'Atp ha molte cose da farsi perdonare. Il chairman italiano Andrea Gaudenzi, in sella da un anno e nell'anno più difficile, avrebbe potuto fare il gesto di tagliarsi lo stipendio durante il lockdown e farsi vedere a New York, come gli rimprovera chi sta dalla parte di Djokovic. Però è anche vero che non ha avuto ancora la possibilità di attuare il suo programma.
Sarebbe insomma stato meglio mettersi a sedere e parlarsi negli occhi: invece ci si prende a pallate via comunicati, nei quali - noterete- c'è chi parla di carriere e chi di montepremi. La differenza non è poca. E vale una guerra.
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