Fantasmi da scacciare, conti aperti con il destino e anatemi da gettare in fondo a un pozzo. Perugia per il Monza non è solo una partita, è una foto che resterà impressa sulla carta di identità. A settembre, per la società di Fininvest saranno 120 anni di vita. E il tempo ti cambia «la faccia a poco a poco; e la sua velocità spaventosa» non è solo quello descritto da Buzzati. Il Monza, al Curi, si trova riflessa nello specchio la possibilità di lasciarsi alle spalle il passato, mandare indietro l'orologio e ricaricare le molle per dare nuova inerzia al futuro. Tutta la vigilia è un presagio ed è proprio con il tremolio di chi si appresta a fare un salto nel vuoto, che i brianzoli consumano l'attesa di questo appuntamento. Del resto, giocarsi la serie A con il vantaggio di un punto sulla Cremonese è qualcosa che neanche nel pareggio sul neutro di Bologna si era visto. Fine anni Settanta, ma eterno presente per i tifosi biancorossi: i brianzoli si giocano lo spareggio per la prima serie A, però a vincere è il Pescara. Allora come oggi, c'era stato un suicidio calcistico, con la sconfitta interna per 0-1 con il Lecce al turno precedente. Con la conseguente condanna all'appendice di campionato. Questa volta, a essere diverso, è il fatto che l'harakiri lo hanno compiuto le altre: salentini appunto, crollati al minuto 103 contro il Vicenza. Ma soprattutto i grigiorossi di Pecchia, trafitti in casa con l'Ascoli.
Venerdì sera, al Monza di Berlusconi e Galliani è offerta la possibilità di scrivere il punto più alto della propria esistenza. Con buona pace di chi a Perugia teme il Maracanazo brianzolo o di chi è convinto che sul Monza in A ci sia una maledizione simile a quella lanciata sul Benfica dal magiaro Bela Guttmann. Il Monza sa che le paure si vincono guardandole in faccia e «un pericolo affrontato è un pericolo dimezzato» spiega Pioli, allenatore del Milan. Quel Milan che nel 1988 vinceva Coppa Campioni e Supercoppa italiana e che nel 1992 faceva sua la stessa Supercoppa e lo Scudetto. Proprio il Milan di Berlusconi e Galliani, che nelle settimane olimpiche di Seul e Barcellona assisteva ai primati di Jordanka Donkova, ostacolista e primatista sui 100 metri. Madre di Zivko Atanasov, che in settimana festeggerà il terzo anno dalla conquista della Coppa Italia di C. Il suo gol, al 92' di Viterbese-Monza, costò a Brocchi e ai biancorossi il primo trofeo dell'era Berlusconi.
E siccome anche Machiavelli si diverte a ricordare la ciclicità della storia, non poteva mancare Perugia. La città del 16mo scudetto al Milan il 23 maggio 1999, nell'1-2 che restò tale anche per la parata di Abbiati su Bucchi, a 7 minuti dal termine. Abbiati, solo il girone prima, contro il Perugia aveva debuttato in rossonero, dopo due anni trascorsi a difesa dei pali del Monza.
A conferma che questa è sì una settimana di timori scaramantici e vaticini funesti, ma anche spunto di rivalsa e ambizione. I tifosi in fondo lo hanno capito e l'hanno intonato tutto l'anno: Portaci in Europa, Berlusconi portaci in Europa.
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