Si potrebbe dire: sempre la stessa storia, l'Italia del rugby di belle speranze e di pochi risultati, le chiacchiere della vigilia che si sciolgono nell'avvilimento della partita. E invece gli azzurri che escono sconfitti dal Millenium di Cardiff, e che si avviano per l'ennesima volta a disputarsi con la Scozia il trofeo meno ambito del mondo -l'ormai tristemente famoso Cucchiaio di legno - qualche brandello di speranza lo offrono.
Davanti a uno squadra compatta, forte e cinica come il Galles, uscita a testa alta dai Mondiali neozelandesi, il pronostico dava agli italiani ben poche speranze: la vittoria azzurra è pagata 26 a 1, dicevano impietosamente le previsioni dei bookmakers. E così è stato.Il risultato finale di 24-3 racconta perfettamente la cronaca di una partita in cui gli azzurri non hanno mai nemmeno avvicinato la linea di meta gallese, e dove dopo il consueto eroico primo tempo la squadra ha iniziato progressivamente a disfarsi. Un calo psicologico a cui gli azzurri hanno ormai abituato i loro irriducibili supporters, ma stavolta accompagnato anche da un visibile calo fisico. Sotto i colpi di maglio della mischia e dei trequarti in maglia rossa, quelli in maglia azzurra hanno saputo e potuto aggrapparsi solo all'orgoglio.
Avere incassato solo due mete - di cui una a centottanta secondi dalla fine - è, a conti fatti, quasi consolatorio. Certo, se l'ultima meta, siglata da Cuthbert passeggiando in mezzo alla difesa azzurra, non fosse lì a ricordarci che ogni tanto siamo carenti anche nella tecnica di base sarebbe meglio. Ma tant'è. E allora, si dirà, cosa c'è di consolatorio in questa sconfitta, che trasforma in ultima spiaggia l'appuntamento all'Olimpico del 17 marzo? C'è che, a sei mesi dall'inizio dell'era Brunel, la squadra non è più la stessa cui il povero Nick Mallett, nei suoi quattro anni sulla panchina italiana, non aveva saputo dare nè identità nè progetto.
In campo si vede una squadra finalmente consapevole delle sue qualità e dei suoi limiti, priva di velleitarismi, capace di sfruttare i propri pregi e a limitare i danni delle proprie carenze. Sappiamo fare poche cose, e abbiamo pochi fuoriclasse: ma abbiamo dalla nostra una capacità di soffrire che dobbiamo imparare a trasformare in palloni conquistati e gestiti con intelligenza.
L'Italia non vincerà mai il Sei Nazioni, su questo sarebbe bene che i vertici federali smettessero di seminare illusioni controproducenti. Ma a Cardiff ci siamo difesi con coraggio contro una delle quattro squadre più forti del mondo. Se giocheremo allo stesso modo sabato prossimo a Roma potremo battere la Scozia. Questo è l'obiettivo realistico, e per questo il realistico Brunel sta lavorando. Se il suo primo 6 Nazioni italiano si concludesse rifilando agli scozzesi l'aborrito cucchiaio, sarebbe già un passo avanti. Nel frattempo le statistiche dell'incontro, però, sono lì in tutta la loro sconsolante eloquenza: nel primo tempo l'Italia ha avuto la palla in mano solo per 8 minuti e 26', ed è stata nella metà campo gallese solo per 11 minuti e 35'. Sono le cifre di un dominio territoriale e tattico del Galles pressocchè assoluto. Ancora: 96 palle vinte nel gioco aperto dai gallesi, appena 51 dagli italiani.
E siccome l'ovale in mano ce l'avevano quasi sempre i dragoni rossi, ai nostri è toccato placcare
come disperati: 121 placcaggi, esattamente il doppio dei 62 che sono bastati ai nostri avversari: che però, detto per inciso, ne hanno sbagliato uno solo, mentre i nostri ne hanno- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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