Come un daino che si fa tigre. Scattante, potente e resistente. Soprattutto inaspettato e spietato, sul traguardo di Caorle, la piccola Venezia fa grande Alberto Dainese.
Doveva essere volata e volata è stata. Doveva essere Milan, invece è Dainese, l'altra faccia del velocismo tricolore, che beffa il friulano al fotofinish, per una volata tardiva, incominciata da lontano e finita con un colpo di reni che non è sufficiente a mitigare l'errore.
Più che un daino è una tigre. Che osserva la preda, che si scruta attorno sospettosa, con un mondo che guarda estasiato, a cotanta bellezza. Più che un daino è Alberto Dainese, da Abano Terme, velocista padovano della DSM, che regalato un altro hurrà al ciclismo italiano, dopo aver rischiato di tornarsene a casa domenica, nella tappa di Bergamo, per problemi gastroenterici. «I miei compagni di squadra hanno fatto un lavoro straordinario, purtroppo Niklas (Märkl, ndr) è stato costretto a lasciarmi un po' presto allo scoperto e allora ho aspettato che partisse qualcuno, sono riuscito a recuperare su Matthews, poi ho visto Johnny arrivare e pensavo di essere secondo racconta il 25enne veneto, che non vinceva dalla tappa di Reggio Emilia di un anno fa, sempre al Giro -. Mi sono schiacciato il più possibile sul manubrio per cercare di batterlo, ho temuto di aver perso, poi al fotofinish ho fatto scattare tutta la mia gioia».
E ancora: «Ho avuto per cinque giorni l'influenza. Domenica è stata la giornata più brutta della mia carriera: mi sarò fermato dieci volte in quella tappa, sono arrivato ultimo, da solo, ma non ho voluto mollare. Anche ieri (sul Bondone, ndr) non stavo benissimo, ovviamente non ho una grande condizione, ma devo ringraziare la squadra che mi ha dato fiducia. E ho dimostrato che quando ho la possibilità di giocarmela ci sono e questo successo conferma che il successo dell'anno scorso non è stato un caso», chiosa il ragazzo che prima della bici giocava a basket. «È uno sport che seguo ancora tanto e ho dovuto abbandonare perché non alto a sufficienza», dice.
Ora di volata tutti sulle montagne, per l'esame verità. Chi la verità la dice senza girarci tanto in torno è Damiano Caruso, 4° nella generale a quasi 3', che riassume il momento così: «La realtà è che ci vogliono le gambe. La tappa del Bondone è stata onesta, ha messo ognuno al proprio posto».
Ora però le cose vanno sistemate. Sia per il podio, ma un po' dappertutto. Al Giro ci sono i lavori in corso: su questo non ci sono dubbi. Caruso però non si fa illusioni. «Io ci proverò, ma spesso in bicicletta bisogna fare i conti con la realtà».
La realtà dice che da oggi si sale e basta, prima di scendere a Roma per la festa finale di domenica.
Oggi Zoldo Alto, domani le Tre Cime, prima della cronoscalata del Monte Lussari, in Friuli. Questo è il menù, pardon, il programma che aspetta Thomas, Almeida e Roglic, pronti a cuocersi a vicenda a fuoco lento. Qualcuno arriverà bollito.
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