Josè Mourinho era un ingordo, tipico ragazzino da naso e mani dentro il barattolo di cioccolato. E riusciva sempre a non far indigestione: anzi, lasciava altri (leggi avversari) a rumor di invidia. Oggi gli riesce meno: sarà invecchiato. Maurizio Sarri, al contrario, deve aver preferito la moderazione: meglio un cioccolatino in meno e una corsetta in più. Si, proprio come un ragazzino educato, che non vuol rovinare calzoncini e giacchetta: che non si farebbe prendere da golosità, salvo dispensa materna. Invece, invecchiando, ci ha provato e si è ritrovato con mani e faccia nel cioccolato senza provar gusto. Anzi, dicendosi: sei un pirla, come gli avrebbe suggerito Mou.
Trasferendoci al calcio-cioccolato la novità dei 5 cambi ha posto il problema: essere o non essere? Essere capaci di gestire cambi come piovesse? Usarli col contagocce o in abbuffata? Il tecnico della Juve al primo «ci provo» si è dato risposta, usando termine forbitamente sarriano: «Ho fatto una cazzata». E la novità ha conosciuto la prima vittima. Non la squadra, comunque qualificata alla finale di coppa Italia, quanto l'allenatore che ha sorpreso tutti con quel «dentro in tre, tutti e subito» che poi era l'arma finale del Mourinho made in Italy, quando se la vedeva brutta. Il bello dell'abbuffata servirà a discutere, sarà il colpo da show, il thrilling finale. Ma, attenzione, bisogna averne la capacità. Sennò fa male. Detta per un allenatore: servono mentalità, disinvoltura nel gestire il turn over, addestrando i giocatori al cambio di ruolo, modulo e compagni. In serie C alla lunga ha funzionato. Difficile riuscirci in poche sedute senza un lavoro precedente. E Sarri lo ha confermato: per natura è allenatore costruito, ha bisogno dello schema e di certi tipi di giocatori per il suo calcio. Fin da Napoli ha mostrato di essere refrattario ad alternare giocatori diversi: in senso tattico oppure numerico. Chi ha talento improvvisa più facilmente: Ancelotti, tanto per citare. Poi ci sono quelli di lotta e di speranza, che si aggrappano a tutto. Non a caso Diego Simeone, appunto uno della specie, ha dichiarato di apprezzare l'idea dei 5 cambi, incenerita da molti colleghi. «Una situazione nuova: serviranno perché giocheremo tanto. È dimostrato che chi entra dalla panchina può essere decisivo. Mai come ora conterà il gruppo intero». Simeone semmai è un ingordo di calcio: e con il buon uso di un barattolo di cioccolato può acquietare l'ingordigia e resuscitare l'ottimismo. Dunque ingordigia o chance in più? Chi vincerà? Per risolvere, pensate, ad esempio, a Carl Lewis, atleta naturale o a Pietro Mennea, atleta costruito.
Hanno vinto entrambi, ma l'atleta costruito deve stare rigorosamente nel suo schema. Così gli allenatori: 5 cambi destabilizzano se sei costruito, ti esaltano se hai talento. Seppur sia vero che, se i giocatori dormono, non c'è ingordigia che tenga. E la Juve lo ha dimostrato.
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