La lezione di Molinari. E adesso il golf azzurro ha un'occasione unica

Woods esempio per i giovani assi Usa e inglesi, Ballesteros per gli spagnoli, ora Chicco per noi

La lezione di Molinari. E adesso il golf azzurro ha un'occasione unica

Troppo spesso non siamo in grado di capire il valore di un istante, finché non diventa un ricordo.

Lunedì, su un aereo verso gli States per le meritate vacanze dopo il successo nell'Open Championship, Francesco Molinari ha intuito quanto un pomeriggio di ventitré anni fa, trascorso davanti alla tv che trasmetteva l'epopea di Costantino Rocca a Saint Andrews, abbia influenzato la vita che ha vissuto a partire da quel momento. «Quelle immagini di Rocca - ha raccontato l'azzurro - sono state d'ispirazione per me e per la mia carriera».

Niente di strano: il Tour, per esempio, è zeppo di giovani campioni cresciuti a pane, green e Tiger Woods. McIlory, Spieth e Thomas sono solo alcuni di quei ragazzini che hanno imparato a sognare (e a swingare) mentre erano incollati davanti allo schermo tv a seguire le gesta del Fenomeno. Dalle nostre parti, nel Vecchio Continente, il golf spagnolo continua a sfornare fuoriclasse ispirati dalle magie di Ballesteros: Olazabal e Garcia, tre titoli Masters in due, sono stati i primi eredi della gloriosa armada capitanata dal grande Seve. Oggi, dall'ampio ventaglio degli oltre 265mila golfisti spagnoli, è uscito il talento di Jon Rahm; domani, chissà.

Ecco: da noi, nell'Italia dello sport affamata di risultati e orfana dagli eroi della Nazionale di calcio, è imperativo che, sullo slancio delle recenti vittorie di Molinari (Wentworth, Quicken Loans e Open Championship), il pianeta golf si faccia trovare pronto a decollare con la stessa profonda umiltà che il Chicco nazionale ha sempre dimostrato nel bene, come nel male: «Quando ho alzato al cielo la Claret Jug ha raccontato il torinese - ho pensato a tante cose. Ai sacrifici e alle rinunce, ai momenti di sconforto e ai sogni di quando ero bambino: senza la mia famiglia non ce l'avrei mai fatta».

Lavoro, allenamenti, famiglia e umiltà: sono quattro i cardini intorno ai quali da sempre ruota l'universo sportivo e umano di Francesco Molinari, il campione che con la sua tranquillità ed educazione è l'italiano meno italiano d'Italia, ma che da domenica è anche tra gli italiani più famosi nel mondo.

E proprio da lui e dalla sua innata compostezza deve ripartire lo sviluppo del pianeta del green azzurro, perché, se è vero che di trionfi Molinari ne ha registrati tanti anche prima di domenica (in totale, sei in Europa e uno sul Pga Tour), questo di Carnoustie ha qualcosa di diverso rispetto agli altri: ha un contenuto promozionale spaventoso. Un contenuto che racconta a golfisti e non golfisti due verità: la prima, che, come Chicco ha sempre mostrato nel corso della carriera, si può essere campioni anche senza perdere di vista il rispetto per l'avversario; la seconda, che il golf è uno sport coinvolgente e appassionante e che, soprattutto, lo può essere per tutti. Per il movimento del golf italiano, lasciarsi scappare questa possibilità di diffusione sarebbe mancare di rispetto a Francesco e a quei ragazzini che, come lui ventitré anni fa, domenica erano incollati davanti allo schermo a seguire le dirette tv. Con l'esempio di Molinari davanti agli occhi, il golf azzurro deve seguire le orme del suo campione: come il torinese ha saputo fare squadra, circondandosi negli anni di esperti come Dave Alred e Phil Kenyon che lo hanno aiutato a migliorare in ogni settore del gioco, così il mondo del green nostrano dovrebbe iniziare a fare sistema, proiettandosi all'esterno finalmente con un'identità unitaria nello sviluppo di questo sport.

«Sono ancora incredulo - ha continuato Francesco con la solita moderazione - ma adesso voglio festeggiare e poi riposarmi, per ripartire ancora più forte: Ryder Cup a settembre e Tokyo 2020 sono tra i miei target».

Allo stesso modo, il golf italiano, smaltita la sbornia della vetrina mondiale regalatagli da Chicco, deve farsi trovare deciso a partire in quarta con in mente due obiettivi precisi: l'aumento del numero dei giocatori (a giugno 2018 erano 84.

000 i tesserati) e l'incremento dell'incoming legato al turismo.

Ora: nessun uomo è perfetto, neppure Molinari. Il punto, semmai, è riuscire a trarre il meglio da ciò che abbiamo e mettere insieme un bello spettacolo: Chicco docet, il golf azzurro impari.

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