L'Italia con Dovizioso e Ducati si scopre diversamente tifosa

Andrea dà lezione a Marquez sulla pista Honda e va a -11. E con Vale fuori dai giochi il Paese si unisce sul forlivese

L'Italia con Dovizioso e Ducati si scopre diversamente tifosa

Il dio dei motori camuffato da destino ha evitato ai tifosi italiani di scoprire quanto, a volte, riescano a diventare brutti. Valentino Rossi tormentato da una stagione complicata, dalle cadute fuori orario e da una Yamaha chiaramente schizofrenica è da ieri ufficialmente fuori dai giochi mondiali. Per cui, sempre da ieri, è altrettanto ufficialmente scongiurato il rischio che gli appassionati si dividano in malo modo tra Rossi e Dovizioso. Dopo la splendida vittoria di Andrea e della Ducati, ora a 11 punti dal leader Marquez a tre Gp dalla fine, vien da sé che anche il tifoso più accanito del Dottore riuscirà a spendere due pensieri e due applausi in più per il binomio tutto italiano ancora in lotta per il titolo. Soprattutto, dopo che il forlivese mascherato, questo moderno super eroe, questo Clark Kent dal sorriso dolce e i modi gentili, ha di nuovo indossato i panni di Superman ed è volato via centrando la quinta vittoria stagionale. Per salvare i suoi sogni ma anche i nostri. I sogni di un mondiale che anche senza la luce di Valentino resterà illuminato fino all'ultimo.

A Motegi, pista di proprietà della Honda e utilizzata dal colosso nipponico per sperimentare i propri bolidi, l'impiegato Dovi, indossato sotto il diluvio il mantello del supereroe, è scattato nono e arrivato primo, resistendo e superando all'ultima curva il pupillo di casa Honda e leader del campionato, Marc Marquez. Pupillo, va detto, che divide giustamente con Valentino Rossi la fama di miglior pilota degli ultimi venti anni. La vittoria di Dovi ha però lasciato addosso a molti una strana sensazione. Perché nel motomondo nostrano, succede spesso che quando a vincere è un altro italiano lo si festeggi con enfasi ma lasciandosi accompagnare sempre dal retro pensiero che se fosse stato il Vale a trionfare sarebbe stato tutto più bello. Oppure, come ieri in Giappone, può addirittura succedere che ci si convinca e magari si dica che se Marquez non avesse commesso quell'imperfezione nell'ultimo giro... Ergo: Dovi non avrebbe vinto. È come se ci fosse la convinzione diffusa che Valentino e Marquez siano gente che le vittorie le azzanna e che quelli come il Dovi nelle vittorie semmai ci inciampano. Nulla di più ingiusto. Ma nulla di più italico pensarla così.

Per cui fa bene Andrea a far finta di nulla («vittoria fondamentale, ma vivo tutto in modo rilassato. Se ce la faccio, bene...»), e a non dar peso ai complimenti di Gigi Dall'Igna, papà della Desmo Gp17 («non è dissacrante paragonare Dovizioso a Stoner...») o alla confessione di Marquez («non mi sarei aspettato di trovarmi a lottare con lui per il titolo...»). Fa bene perché, in fondo, sa che per ogni pilota italiano il convitato di pietra con cui misurare le proprie imprese è sempre e solo Vale Rossi. Se non si fosse fatto male, se la Yamaha fosse stata migliore, se non avesse 38 anni, se, se, se...

È consuetudine tutta nostra fare, dire e ragionare in questa maniera. Anche se nel motomondo non succede nulla di diverso da quanto già visto in F1 con i tifosi italiani e la Ferrari. Con una differenza: nel Circus è la macchina Rossa a venire prima di tutto anche se guidata da finlandesi e tedeschi; qui è il Rossi benché in sella alla giapponese Yamaha. In F1 il tifoso italiano non sosterrebbe mai, o lo farebbe tiepidamente, il pilota tricolore che su monoposto inglese o tedesca mettesse a rischio il titolo di una Ferrari guidata da un ostrogoto. Nelle moto, in un finale mondiale Rossi-Dovizioso, il forlivese potrebbe contare sul sostegno incondizionato dei parenti stretti e del piccolo popolo ducatista. Non molto di più.

Per questo il dio dei motori ha avuto pietà di noi, e ci ha evitato di mostrare una volta di più le nostre bruttezze, convogliando tutto il tifo su Dovi. Anche se qualcosa gli è comunque sfuggito. Petrucci è arrivato terzo. E quasi quasi l'abbiamo dimenticato.

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